Uso del riconoscimento facciale nelle città italiane: il Garante indaga

Il Garante della privacy italiano si è mosso per studiare a fondo una coppia di iniziative in mano a Comuni italiani che hanno forse preso un po’ troppo alla leggera le controverse tecnologie di riconoscimento biometrico. L’Autorità ha avviato dunque due separate istruttorie al fine di vigilare sulle mosse prossime future previste dai Comuni di Lecce e Arezzo.

Le normative italiane che riguardano il controllo e la raccolta dei dati sviluppati attorno ai sistemi di riconoscimento facciale sono ancora indefinite e imprecise, tuttavia la formula base prevede che questi strumenti possano essere adoperati solamente al fine di espletare compiti di interesse pubblico interconnessi all’esercizio di pubblici poteri. Per quanto riguarda i Comuni, il tutto viene giustificato formalmente dall’istituzione di “patti per la sicurezza urbana tra Sindaco e Prefettura”, tuttavia questo approccio è tendenzialmente soggetto a un attento scrutinio.

Grazie a un emendamento proposto dal deputato PD Filippo Sensi in occasione del cosiddetto decreto Capienze, la politica ha infatti assunto una posizione cauta nel definire come simili apparati di sorveglianza debbano prendere forma. Concretamente ne ha sospeso l’impiego in tutti quei contesti che non coinvolgano indagini della magistratura o la repressione dei reati. Nel dicembre del 2021 l’emendamento è divenuto legge: fino al 31 dicembre 2023 o, in alternativa, fino al giorno in cui verranno istituite norme più specifiche che siano in grado di prevenire ogni eventuale abuso, il riconoscimento biometrico dev’essere centellinato ai soli casi di comprovata necessità.

Leggi anche  Il business dei funerali in forte espansione…

Il compito del Garante sarà ora quello di stabilire se Lecce e Arezzo siano state ligie nell’applicazione delle regole, ovvero che la portata dei loro interventi sia effettivamente commisurata alla necessità di combattere atti illeciti. La città pugliese dovrà dimostrare la bontà di un suo progetto nel quale, sostiene il GdP, è previsto “l’impiego di tecnologie di riconoscimento facciale”. Al Comune è richiesta la presentazione di tutti i dettagli riguardanti le strumentazioni utilizzate, nonché un report di valutazione dell’impatto che la strategia di sorveglianza può avere sul pubblico. Giusto per assicurarsi che non si sfoci nella “sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico”.

Leggi anche  Davos perde tempo prezioso con Draghi in bilico sulla soglia del Palazzo

Ad Arezzo la questione è ancora più sfumata. A essere messo al vaglio sarà un sistema di “super-occhiali infrarossi” che, collegandosi a banche dati nazionali, promette di essere in grado di leggere e interpretare i numeri di targa delle macchine di passaggio, così da avviare una verifica automatica che confermi la validità dei documenti del guidatore. L’Autorità mette in dubbio la validità del progetto in questione non solo ai fini di un eccesso di sorveglianza, ma anche per l’eventualità che i dispositivi possano essere adoperati, anche indirettamente, per controllare a distanza l’attività dei lavoratori. A rimetterci, insomma, non sarebbero solamente i cittadini, ma anche gli stessi vigili impegnati nei controlli.

Leggi anche  “Linfomi e leucemie”. L’allarme dell’oncologo: “Cosa succede dopo la terza dose di vaccino”

Le indagini finiranno con il rallentare le implementazioni dei progetti gitati e non è detto che questi non deraglino definitivamente, almeno tenendo conto dei precedenti che si sono registrati in situazioni omologhe. Inciampi simili sono d’altronde prevedibili, perlomeno quando le strategie di sorveglianza vengono sviluppate senza usufruire dell’opportuna e necessaria consultazione del Garante della privacy. 

Content retrieved from: https://www.lindipendente.online/2022/11/16/uso-del-riconoscimento-facciale-nelle-citta-italiane-il-garante-indaga/.

UNISCITI AI NOSTRI SOCIAL PER RIMANERE AGGIORNATO

Sostieni D TUTTO E D+
/ 5
Grazie per aver votato!