Il superpotere anti-cancro della balena artica

Nel 1977 l’epidemiologo Richard Peto osservò che l’incidenza del cancro negli organismi viventi segue regole apparentemente paradossali: la malattia emerge in seguito a errori di replicazione da parte delle cellule, per cui ci si aspetterebbe che gli animali composti da più cellule abbiano una probabilità maggiore di svilupparla. E invece ci sono specie di grandi dimensioni (elefanti, balene…) che vivono per tempi lunghissimi senza mai sviluppare il cancro: è il cosiddetto “paradosso di Peto“, sul quale ci interroghiamo da decenni.

Una possibile risposta al paradosso arriva da un nuovo studio sulla longevità della balena artica pubblicato (ancora in fase di pre-print) su bioRxiv, che descrive il meccanismo genetico che permette a questo cetaceo di vivere anche fino a 200 anni senza mai sviluppare un cancro, e spiega anche qual è il prezzo da pagare per questa immunità: testicoli più piccoli.

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Divisione in slow-motion. La scelta della balena artica non è casuale: questi animali possono vivere oltre due secoli e senza mai conoscere un cancro – una longevità di molto superiore non solo alla nostra, ma anche a quella di altri cetacei suoi parenti, come le balene franche, la cui vita media si aggira invece intorno al secolo.

Un’analisi genetica della balena artica ha rivelato come fa a vivere così a lungo senza ammalarsi mai di cancro: ha sviluppato un particolare meccanismo di replicazione cellulare che va a una velocità molto ridotta, dando più tempo alle cellule di correggere i loro errori prima della moltiplicazione. Ovviamente la soluzione non garantisce la totale assenza di errori, ma riduce solo la probabilità che si presentino: ci sono altri meccanismi in atto che se ne assicurano, ma stando allo studio il rallentamento cellulare è quello più importante.

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Meno cancro, meno figli. Responsabile di questo “superpotere” è un gene, CDKN2C, presente nella balena artica ma non nelle tre specie di balena franca – che infatti vivono di meno della loro parente. Il rallentamento cellulare ha però uno spiacevole effetto collaterale: la riduzione della dimensione dei testicoli nei maschi.

Per fare un paragone: i testicoli delle balene franche pesano in media una tonnellata, mentre quelli della balena artica si fermano a 200 kg – e stiamo parlando di animali all’incirca delle stesse dimensioni. Non è un problema di orgoglio, ovviamente: testicoli più piccoli (e che producono meno sperma) comportano un tasso di fertilità minore.

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In altre parole, la balena artica ha “scelto” di fare meno figli in cambio della possibilità di vivere 200 anni senza paura del cancro: non fareste lo stesso?

Fonte: focus

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