L’editoriale dell’altleta

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    L'Atleta Sport News

  • Jannik Sinner: quando arriverà il numero 1?

    Sul fatto che l’altoatesino sia destinato a diventare il prossimo leader ATP, nessuno sembra avere più dubbi. L’unica incognita per Jannik Sinner è la data dell’ultimo sorpasso, quello che gli permetterebbe di raggiungere il numero 1

    Jannik Sinner rovescio

    I dubbi sono finiti, Sinner è pronto per l’ultimo sorpasso

    Il problema non è capire se il grande obiettivo sarà raggiunto, ma soltanto quando avverrà. Qualche mese fa in pochi ci avrebbero creduto, oggi nessuno ha più dubbi. Jannik Sinner sarà il prossimo numero 1 del Ranking ATP. Troppi i punti di vantaggio nella Race (quasi 3.000) su quello che in questo momento è ufficialmente il leader della classifica mondiale, vale a dire Novak Djokovic. E anche non volendo considerare gli aspetti aritmetici della vicenda, è la continuità messa in mostra dall’altoatesino a far capire che l’obiettivo è ormai davvero a un passo. La doppietta Australian Open-Miami, realizzata in passato solo dai fuoriclasse di questo sport, è l’ennesima dimostrazione della consapevolezza acquisita negli ultimi mesi.

    Le tre vittorie negli ultimi quattro confronti diretti con Djokovic ormai non sembrano nemmeno essere così rilevanti. Sinner continua a migliorarsi fisicamente, tecnicamente e tatticamente, oltre ad aumentare la propria fiducia di torneo in torneo. Fermarlo, ora, sembra davvero difficile per chiunque, non solo per il serbo. Gli avversari scendono in campo sapendo di dover dare tutto, e in genere dopo un set hanno finito la benzina. Jannik controlla la situazione e poi prende il largo, dando l’impressione di poter tenere lo stesso ritmo all’infinito, senza commettere errori. E pensare che solo pochi mesi fa, Djokovic parlava di Grande Slam lamentandosi del fatto che al suo (ormai ex) coach Goran Ivanisevic non fosse stato assegnato il premio di Coach of the Year. Oggi quei giorni sembrano essere lontanissimi.

    Montecarlo per l’ennesimo record

    Ora arriva la parte stagione sulla terra rossa europea, teoricamente la meno adatta al tennis dell’altoatesino. Anche se con i progressi messi in mostra ultimamente, anche su questi campi è difficile immaginare che Sinner possa essere poco competitivo. L’allievo dei coach Darren Cahill e Simone Vagnozzi prosegue il suo inseguimento alla prima posizione del Ranking, e può farlo sapendo di dover difendere pochi punti in questi mesi. Lo stesso Djokovic, però, fino alla settimana che precede il Roland Garros avrà pochissimi punti in scadenza. Saranno 585 quelli che Jannik dovrà cercare di difendere, contro i 315 del serbo. La distanza tra i due è attualmente di poco superiore ai 1.000 punti.

    Il periodo migliore per effettuare il sorpasso sarà quello compreso tra il French Open e gli US Open, con Sinner che ne avrà in scadenza 2.090 contro i 6.200 di Nole. In quella fase della stagione, sarebbe davvero un miracolo se Djokovic riuscisse a evitare il sorpasso. Comunque, in questo momento per Jannik l’unico pensiero è quello di giocare bene il prossimo torneo, in scena a Monte-Carlo tra l’8 e il 14 aprile. Dovesse riuscire a vincere l’evento monegasco, l’azzurro diventerebbe il secondo giocatore a realizzare la doppietta con il torneo di Miami nello stesso anno. Un’impresa riuscita solo al solito Novak Djokovic nel 2015. Ma che per questo Sinner sembra non essere impossibile.

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  • MotoGP: a che punto è Marc Marquez?

    Dopo i test di Valencia le aspettative erano altissime. L’esordio di Marc Marquez sulla Ducati è stato positivo, ma è ancora difficile stabilire quale sia il suo valore attuale in questa MotoGP

    Marc Marquez Ducati Gresini

    La nuova occasione di Marc Marquez

    Dall’infortunio di Jerez del 2020, la carriera di Marc Marquez ha preso una direzione inaspettata. Da assoluto dominatore fino a tutto il 2019, a pilota in cerca di una ritrovata condizione fisica (prima) e di risultati (poi). Sono stati anni difficili, perché la Honda con il passare del tempo è diventata sempre meno competitiva, mentre la Ducati ha fatto uno step in avanti dopo l’altro fino a diventare pressoché imbattibilie. Nonostante la capacità di essere sempre super competitivo rispetto ai propri compagni di marca, il pilota spagnolo si è gradualmente allontanato dalla lotta per le posizioni di vertice, fino a prendere la decisione di lasciare la casa motociclistica nipponica per approdare a Borgo Panigale.

    La notizia, ufficializzata nella parte finale della scorsa stagione, ha ovviamente causato un terremoto all’interno del paddock della MotoGP. Il team Gresini Racing ha deciso di puntare sull’otto volte campione del mondo, affiancato dal fratello Alex. Tra i sostenitori della tesi secondo cui Marc avrebbe dovuto dominare sin dall’inizio e quelli che non lo considerano più un vero fuoriclasse, le discussioni sono state piuttosto accese. I test di Valencia sembravano dare ragione ai primi, con un Marquez immediatamente a suo agio sulla nuova moto. A Lusail però le cose sono cambiate, con il pilota iberico più distante dai primi della classe. Solo l’inizio del campionato avrebbe dato le prime risposte.

    Marc Marquez

    Risultato al di sotto delle attese?

    Nel primo Gran Premio della nuova stagione, Marc ha concluso la Sprint Race al quinto posto per poi finire quarto nella gara della domenica. Nella classifica mondiale è distante 13 punti dal leader Francesco Bagnaia. Un risultato molto positivo, ma forse al di sotto della aspettative dei più ottimisti. Vanno comunque sottolineati due aspetti. Il primo è che Marquez ha fatto segnare il giro più veloce delle ultime due Sprint Race, su due moto diverse: quella di Valencia, che ha concluso la stagione 2023, sulla Honda; e quella di Lusail, che ha aperto il 2024. Mostrando di saper essere velocissimo indipendentemente dal mezzo tecnico a propria disposizione e di sapersi adattare in pochissimo tempo.

    Il secondo aspetto è quello che vede Marquez come miglior debuttante su una Ducati dal 2007, quando Casey Stoner vinse la sua gara d’esordio. Da lì, nessun pilota era riuscito a concludere al quarto posto il suo primo Gran Premio con una Ducati, e di debuttanti in questo lungo periodo ce ne sono stati tantissimi. Il tutto, senza dimenticarci che Marc dispone di una versione 2023 della Desmosedici, certamente molto performante ma forse meno della 2024 di Bagnaia, Jorge Martin ed Enea Bastianini, oltre a Franco Morbidelli. Alla luce di quanto detto, la performance dello spagnolo assume un significato diverso rispetto a quello di un semplice quarto posto. Ci sarà comunque bisogno di almeno altri due o tre round per poter fare una valutazione più precisa. Da un fuoriclasse come Marc, ci sia aspetta almeno di vederlo in lotta per il titolo mondiale.

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  • Superbike: cosa ci ha detto il primo round?

    Il primo round della Superbike 2024 ha messo in evidenza tutte le difficoltà dei big Bautista, Rea e Razgatlioglu ad adattarsi alle nuove situazioni. Tante le sorprese, per un mondiale che sembra essere più aperto che mai

    Primo round Superbike Alex Lowes

    Australia, terra dei colpi di scena

    Era difficile immaginarsi un primo round così. È vero, il Campionato mondiale Superbike 2024 si è aperto sul circuito australiano di Phillip Island, storicamente in grado di ribaltare gli equilibri rispetto al resto della stagione. Ma era oggettivamente difficile pensare che i tre campioni più attesi potessero fare così tanta fatica. Perché Toprak Ragzatlioglu, che durante i test aveva manifestato grande entusiasmo per la sua nuova BMW, ha avuto risultati poco più che discreti per un campione del suo livello. Quinto in gara-1, terzo nella Superpole Race, e tradito dal motore della sua M1000 RR in gara-2 (in cui non sembrava comunque essere uno dei favoriti per il successo), non può essere soddisfatto di come siano andate le cose. In tutta la scorsa stagione (36 gare) era finito fuori dal podio solo due volte, bottino già pareggiato con un solo round disputato nel 2024.

    Ma peggio, anzi molto peggio di lui, ha fatto un Jonathan Rea apparso irriconoscibile su una Yamaha R1 che invece sembrava volare con il suo compagno di squadra Andrea Locatelli. Il nordirlandese ha clamorosamente concluso il primo appuntamento stagionale senza conquistare punti, con un rendimento che nemmeno i più pessimisti potevano prevedere. Certamente meno negativo il week-end del campione del mondo Alvaro Bautista, che sembra però essere rallentato dalla zavorra (dovrebbero essere 5 kg) applicata sulla sua Ducati. Lo spagnolo è tornato ai vecchi vizi, dimostrandosi abbastanza incline all’errore quando è costretto a lottare nel gruppo, come avvenuto in gara-1, con una scivolata che lo ha relegato al quindicesimo posto finale. Poi si è rifatto in Superpole Race (quarto con giro veloce) e in gara-2 (secondo).

    Primo round Superbike Nicolò Bulega

    Le sorprese: Lowes, Bulega e Iannone

    Ad approfittare del vuoto lasciato dalle leggende del campionato, è stato Alex Lowes. Liberatosi dell’ingombrante compagno di squadra che lo aveva dominato (quasi) sempre negli scorsi anni, ha offerto una prestazione da fenomeno sui curvoni di Phillip Island. Il britannico, che su questo tracciato si era già dimostrato molto competitivo in più circostanze – anche nel 2020 era andato via dall’Australia come leader del campionato – ha chiuso il primo round con 50 punti, frutto di un quarto e due primi posti. Ora è lui a comandare la classifica del campionato, seguito da uno strepitoso Nicolò Bulega, diventato il primo pilota della storia a vincere la gara d’esordio in Superbike subito dopo aver vinto il mondiale in Supersport. Quinto in Superpole Race e in gara-2, ma autore del giro più veloce in entrambe le frazioni “lunghe”, l’azzurro sembra essere uno dei pretendenti al titolo.

    Altra grande sorpresa nell’emisfero australe è stato Andrea Iannone. Tornato in pista dopo la lunghissima (forse eccessiva) squalifica per doping, l’abruzzese ha confermato di essere tutt’altro che finito, tirando fuori un terzo e un quarto posto in gara-1 e gara-2 che gli valgono il terzo posto in classifica (29 punti) insieme ad un Andrea Locatelli davvero impressionante fino all’ultimo giro della seconda manche. Il pilota di Alzano Lombardo ha buttato al vento una possibile leadership del campionato andando a terra nel tentativo di scavalcare Alex Lowes. ‘Loca’ aveva concluso in seconda piazza le prime due gare e al momento sembra essere il leader di un team che pensava di aver trovato in Rea l’uomo per giocarsi il mondiale. Da segnalare anche l’ottimo terzo posto di Danilo Petrucci in gara-2, in un campionato che sembra essere aperto a qualsiasi possibilità e che deve ancora chiarire quali saranno gli equilibri della stagione.

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  • Le nuove leve del tennis ATP: rivoluzione in atto?

    Sono tanti i giovani tennisti che stanno raggiungendo i piani alti del Ranking ATP. Tra le nuove leve ci sono Fils, Van Assche, Michelsen e Cobolli, ma anche nomi meno noti come Ignacio Buse. Metteranno in atto una rivoluzione?

    Nuove leve ATP Van Assche

    Le nuove leve del tennis mondiale

    Dopo un ventennio di tennis maschile dominato da pochi grandi nomi, sembra essere giunto il momento della rivoluzione. La scorsa stagione ha proposto un terzetto composto da protagonisti appartenenti a tre generazioni differenti – il classe 1987 Novak Djokovic, Daniil Medvedev (1996) e il 2003 Carlos Alcaraz – che hanno vinto quasi tutti i titoli più importanti. Il finale del 2023 ha visto esplodere definitivamente il talento di Jannik Sinner, che ha poi confermato i suoi progressi vincendo l’Australian Open 2024. L’altoatesino, insieme ad Alcaraz, rappresenta la nuova generazione che avanza. Ma aldilà della situazione che riguarda le primissime posizione del Ranking ATP, è a livelli leggermente più bassi che sta avvenendo il cambiamento.

    Sono ormai tanti i giovani nati dal 2002 al 2004 che accedono di diritto alle grandi competizioni internazionali senza dover passare dalle qualificazioni. Una nouvelle vague in cui rientra senza dubbio il transalpino Arthur Fils (2004), già da qualche mese stabile nelle prime 40 posizioni del Ranking mondiale. E arriva sempre dalla Francia un altro dei giocatori più interessanti appartenenti alle nuove leve, come quel Luca Van Assche (anche lui del 2004) che ha ufficializzato pochi giorni fa l’inizio della collaborazione con Vincenzo Santopadre, ex coach di Matteo Berrettini. Già in top 70 dall’ottobre del 2023, il tennista d’oltralpe ha eliminato il nostro Lorenzo Musetti dagli ultimi Australian Open. Per il carrarino era una grande occasione, ma con questa rivoluzione in atto sconfitte oggi inspiegabili possono assumere una connotazione diversa nel giro di pochi mesi.

    Gli azzurri e il sorprendente Ignacio Buse

    Nel gruppo dei giovani non si può evitare di includere lo statunitense Alex Michelsen, altro classe 2004 già nei primi 80 delle classifiche mondiali e capace di raggiungere (nel 2023 sull’erba di Newport) la finale al suo secondo torneo in carriera nel circuito maggiore. Un’impresa pazzesca considerando anche che in quel momento doveva ancora compiere 19 anni. Ma fanno parte dei giovani anche tennisti che non sembrano esserlo, vista l’esperienza importante già accumulata negli anni. Per esempio il sopracitato Musetti (2002) o il fenomenale Alcaraz, così come l’americano Ben Shelton (altro 2002). E poi ci sono gli azzurri Flavio Cobolli, Giulio Zeppieri, Luca Nardi e Luciano Darderi, sempre più competitivi nel tennis che conta.

    Ancora poco noto al grande pubblico, l’ultimo nome che merita di entrare nella lista è quello del peruviano Ignacio Buse. Il classe 2004, ancora fuori dalle prime 400 posizioni del Ranking ATP, un paio di settimane fa ha mostrato le sue qualità nella sfida di Coppa Davis valida per la qualificazione alle fasi finali, disputata a Santiago contro i padroni di casa del Cile. Il tennista di Lima ha messo a segno il colpaccio contro il numero 20 del mondo Nicolas Jarry nella prima giornata, e ha poi sfiorato l’impresa anche nel singolare decisivo, perso al terzo set contro Alejandro Tabilo (numero 54). Un altro tennista contro il quale perdere un mese fa avrebbe avuto un significato molto diverso da quello attuale. E chissà quanti altri esempi analoghi arriveranno nel prossimo futuro.

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  • Superbike 2024: i big all’assalto di Bautista, ma attenzione ai rookie

    Lo spagnolo cerca il tris dopo i titoli conquistati nel 2022 e 2023 ma ai nastri di partenza del mondiale Superbike 2024, oltre ai big Jonathan Rea e Toprak Razgatlioglu, ci saranno tanti nomi nuovi che potranno infastidirlo

    Bautista cerca un’altra conferma tra le novità del 2024

    La nuova stagione del campionato del mondo Superbike porterà con sé tanti temi interessanti, con una griglia arricchita di molti potenziali protagonisti e anche alcune modifiche regolamentari. In questo contesto il bicampione Alvaro Bautista, dominatore assoluto sia nel 2022 che nel 2023, dovrà cercare una conferma che sembra essere tutt’altro che scontata. Innanzitutto, il mondiale 2024 introdurrà la regola del limite di peso moto-pilota, tanto invocata da Yamaha e Kawasaki già dalla fine del 2022. Questo farà sì che lo stesso Bautista verrà zavorrato, con un conseguente (probabile) peggioramento delle sue prestazioni, soprattutto nelle gare lunghe.

    Altra novità del nuovo anno sarà la riduzione della durata di alcuni dei turni di prove. La terza sessione di prove libere passerà da mezz’ora e venti minuti, mentre il warm-up verrà ridotto a dieci minuti. Inoltre, le squadre della Superbike (e anche della Supersport) dovranno utilizzare carburante E40 “sostenibile”. Allontanandoci dai discorsi regolamentari e passando alle news che riguardano il calendario, la più rilevante di queste è quella che vedrà il round italiano, che fino al 2024 si era svolto a Imola, spostarsi sul Circuito di Cremona per la prima volta nella storia. E un tracciato nuovo per tutti, si sa, può rimescolare le carte e regalare grandi sorprese.

    Attenzione ai rookie, da Niccolò Bulega a Sam Lowes

    Ma i principali problemi di Alvaro Bautista nella corsa alla conquista del terzo titolo consecutivo sono rappresentati dagli avversari. I suoi due più grandi rivali delle ultime stagioni, per iniziare. Sia Jonathan Rea che Toprak Razgatlioglu hanno cambiato team, alla ricerca di nuovi stimoli e maggiore competitività. Il nordirlandese, sei volte campione del mondo, sembra aver trovato immediatamente un ottimo feeling con la Yamaha. Il turco si è invece detto molto soddisfatto della sua BMW, soprattutto in relazione alla potenza del motore. Saranno ancora i loro i principali contendenti per il campionato? Non possiamo saperlo, ma senza dubbio c’è un gruppetto di rookie della categoria che potrebbe dare molto fastidio ai big.

    A partire da Nicolò Bulega, che affiancherà proprio Bautista nel team Aruba.it Racing Ducati dopo aver dominato la Supersport nel 2023, con ben 16 vittorie di manche. Attenzione anche a Sam Lowes, altro campione del mondo Supersport (nell’ormai lontano 2013) e anch’egli alla guida di una Panigale V4, quella del Marc VDS Racing Team. Il pilota britannico proverà a ripartire dopo una stagione di alti e bassi in Moto2. E poi ci sarà il rientro di Andrea Iannone dopo la lunga squalifica per doping. Anche l’abruzzese potrà contare su una Ducati, quella del Team GoEleven. Altro esordiente – pur avendo corso a Donington come wild card nel 2022 – sarà Tarran Mackenzie, vincitore di una manche in Supersport lo scorso anno, che guiderà la Honda del Team Petronas. Infine, sarà interessante seguire il rendimento di Axel Bassani, che per la prima volta avrà a disposizione una moto ufficiale, quella del Kawasaki Racing Team WorldSBK. Una griglia di altissimo livello, per un 2024 in cui ci sarà da divertirsi.

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  • I premi di fine anno: Sinner li vince (quasi) tutti; un Djokovic contrariato conquista il più importante

    Agli ATP Awards il tennista azzurro si prende ben tre riconoscimenti, più di ogni altro. Ma alla fine è comunque il serbo a prendersi il più significativo tra i premi di fine anno. Nel femminile Swiatek e Sabalenka si spartiscono i titoli più importanti

    I premi di fine anno ATP Jannik Sinner

    Tanti riconoscimenti per Sinner, Djokovic non ci sta

    Nel periodo tra la fine di una stagione tennistica e l’inizio di quella successiva, gli ATP e i WTA Awards permettono agli appassionati di mantenere vivo il dibattito sui protagonisti dell’annata che si è appena conclusa. Pur nell’assenza di competizioni ufficiali, l’assegnazione dei premi di fine anno permette di vivere una sorta di competizione che avviene al di fuori dei campi da tennis. Se poi avviene anche che uno dei tennisti coinvolti si lamenti per la mancata assegnazione di uno dei riconoscimenti, tutto diventa ancora più interessante. E’ quello che è successo in questo 2023 agli ATP Awards, in cui il nostro Jannik Sinner è stato assoluto protagonista, riuscendo così a indurre Novak Djokovic a lamentarsi per una delle assegnazioni.

    In particolare, è stata la scelta relativa al premio di Coach of the Year, finito nelle mani di Darren Cahill e Simone Vagnozzi – i due allenatori dell’altoatesino – a non andare giù al serbo. Per il numero 1 del mondo, infatti, il riconoscimento sarebbe dovuto andare al suo coach Goran Ivanisevic: “Riscrivere la storia di questo sport non è abbastanza, mio caro coach – ha scritto polemicamente Novak in un post su Instgram – penso che avremmo bisogno di fare il Grande Slam per riuscire forse (ma forse) a vincerlo”. Oltre a questo riconoscimento, sono andati a Sinner anche i premi di Most Improved Player of the Year (votato dai giocatori) e il Fans’ Favourite Award, che hanno permesso a Jannik di completare un prestigioso tris. Il titolo di Newcomer of the Year è invece andato ad Arthur Fils, mentre Jan-Lennard Struff è stato votato come Comeback Player of the Year.

    I premi di fine anno WTA Iga Swiatek

    I premi più prestigiosi a Djokovic, Swiatek e Sabalenka

    Nonostante l’ATP non abbia assegnato alcun riconoscimento a Djokovic, – ad esclusione del premio di ATP No. 1, che è però assegnato sulla base del Ranking mondiale – il serbo ha comunque vinto il titolo più prestigioso. In campo maschile, è infatti la Federazione Internazionale ad assegnare l’unico riconoscimento davvero significativo, quel titolo di ITF World Champion che (sulla base di criteri oggettivi) stabilisce chi sia stato il miglior tennista dell’anno, indipendentemente dalle classifiche mondiali. Novak è diventato campione del mondo per l’ottava volta in carriera, migliorando il record di titoli che già gli apparteneva. Diversa la questione in campo femminile, dove oltre al titolo di ITF World Champion, esiste anche il premio di WTA Player of the Year, entrambi assegnati indipendentemente dalla classifica mondiale.

    La WTA ha deciso di premiare Iga Swiatek come migliore giocatrice del 2023. La polacca ha concluso l’annata al numero 1 delle graduatorie mondiali per il secondo anno consecutivo, vincendo più titoli e disputando più finali di tutte le sue colleghe. Inoltre, è stata campionessa al Roland Garros e alle WTA Finals. Ma l’ITF ha fatto una scelta diversa, premiando Aryna Sabalenka come World Champion. La bielorussa, almeno in semifinale in tutti gli Slam e alle WTA Finals, è stata la tennista più costante nelle cinque prove più importanti dell’annata tennistica. E’ questo il requisito che fa spesso la differenza per la Federazione Internazionale. Del resto, lo scorso anno era stata la costanza negli Slam a permettere a Rafael Nadal (numero 2 ATP) di essere nominato campione del mondo ITF al posto di Carlos Alcaraz (numero 1).

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  • MotoGP, Marquez e Acosta in gran forma nei test di Valencia

    I test della MotoGP a Valencia mostrano immediatamente un Marc Marquez competitivo sulla Ducati. Il campione della Moto2 Pedro Acosta è subito a suo agio sulla GASGAS

    MotoGP test Valencia 2024 Marc Marquez

    Questo Marquez può spostare gli equilibri della MotoGP?

    Storicamente, i test di Valencia che vengono svolti a fine stagione e nei giorni successivi all’ultimo Gran Premio del Motomondiale, rappresentano un momento di grandissimo interesse per gli appassionati. I piloti, subito dopo aver concluso i rispettivi campionati, tornano in pista in sella alle nuove moto, quelle con cui correranno nella stagione successiva. I riflettori sono sempre puntati sui rookie della categoria – i protagonisti che passano dalla Moto2 alla MotoGP, per esempio – e sui piloti che cambiano team. In questo caso, parlando di MotoGP, era impossibile non porre l’attenzione su Marc Marquez, che dopo undici stagioni con la Honda è passato alla Ducati del Team Gresini Racing MotoGP. Ma c’era grande interesse anche per verificare la capacità di adattamento alla nuova categoria del campione della Moto2 Pedro Acosta.

    Sia chiaro, i tempi messi a segno nei test vanno sempre considerati per quello che sono. Molti piloti che restano nello stesso team – ad esempio il campione Francesco Bagnaia e il vice-campione Jorge Martin – possono essere disinteressati a questi test. Soprattutto dal punto di vista del time attack. Fatta questa premessa essenziale, va detto che sia Marquez che Acosta hanno impressionato sul tracciato della Comunità Valenciana. Marc, salito per la prima volta su una Ducati, ha chiuso al quarto posto ad appena 171 millesimi da Maverick Vinales, primo assoluto. Ed è stato il secondo dei piloti Ducati, dietro solo a Marco Bezzecchi (terzo), nonostante lo spagnolo abbia effettuato meno giri di tutti tra i primi ventuno classificati nei test valenciani. E sono già in molti a ipotizzare che l’otto volte campione del mondo di Cervera possa spostare gli equilibri della MotoGP nel 2024.

    Il nuovo fuoriclasse potrebbe essere Pedro Acosta

    Spostiamo ora l’attenzione su Pedro Acosta. Il pilota di Mazarron è nel Motomondiale da appena tre anni (Moto3 nel 2021, Moto2 nel biennio 2022-23) ma ha già vinto due titoli mondiali e correrà la sua quarta stagione in MotoGP. E’ il team GASGAS Factory Racing Tech3 a dargli questa possibilità. Pedrito sperava addirittura di poter chiudere i test in top 10, e ha dichiarato di puntare al suo primo podio nella massima categoria nella prossima stagione. Jorge Lorenzo, parlando di lui, lo aveva pronosticato in quattordicesima posizione nei test, ma è sicuro che Pedro possa addirittura vincere una gara nel 2024. In realtà, Acosta ha chiuso la giornata di Valencia al diciottesimo posto, ma ha stupito tutto il paddock per come il suo stile di guida si sia immediatamente adattato alla moto sin dai primissimi giri. Una caratteristica che è solo dei fenomeni.

    Pedro è comunque riuscito a mettersi alle spalle piloti esperti come Alex Rins (per la prima volta sulla Yamaha) e Aleix Espargaro. Non male per uno alle prime armi su una MotoGP. Del resto, Acosta è stato a un passo dal battere tutti i record della Moto2 in questo 2023. Alla fine, quello delle 9 vittorie di Marquez nel 2012 gli è sfuggito (Pedro si è fermato a 7, raggiunte a cinque gare dalla fine), così come non è riuscito a battere i 352 punti di Johann Zarco nel 2015. Però, con 14 podi stagionali, ha eguagliato gli stessi Marquez e Zarco nelle loro migliori annate della Moto2, e ha chiuso il campionato con 83 punti di vantaggio sul secondo classificato Tony Arbolino. Difficile pensare di non essere davanti a un fuoriclasse.

    Le altre novità, da Marini a Morbidelli, passando per Zarco

    Oltre all’ovvio interesse per le vicende di Marquez e Acosta, non vanno dimenticati gli altri protagonisti che hanno cambiato team. Luca Marini, per cominciare. Il fratello di Valentino Rossi si è preso il rischio di passare dalla moto considerata da tutti come la migliore, ossia la Ducati, alla peggiore. Il suo approdo alla Honda, nel team ufficiale Repsol, ha sorpreso molti degli addetti ai lavori. Ma Luca sembra essere convinto della sua scelta. E i test per lui sono stati positivi, visto che è riuscito a chiudere al decimo posto, con 95 millesimi di vantaggio sul suo compagno di squadra Joan Mir (tredicesimo). Lo spagnolo potrebbe non aver cercato il tempo, ma la prestazione di Marini resta comunque incoraggiante. Va detto anche che l’azzurro è stato il secondo pilota ad aver completato più giri, dietro al solo Maverick Vinales.

    La prestazione di Johann Zarco non è stata esaltante, ma nemmeno così negativa. Il francese, che in MotoGP ha già corso con Yamaha, KTM e Ducati, in sella alla Honda del team Castol LCR correrà con il suo quarto costruttore della categoria. Ha concluso al diciassettesimo posto, davanti a Pedro Acosta e a circa un secondo dal miglior tempo di Vinales. Inoltre, ha rifilato circa sette decimi di secondo al suo compagno Takaaki Nakagami. Infine, un accenno su Franco Morbidelli, dal quale forse ci si poteva aspettare qualcosa in più, essendo salito sulla Ducati del team Prima Pramac Racing – diventata quest’anno la prima squadra indipendente a vincere il mondiale dei team nella storia della MotoGP – dopo una difficilissima annata in Yamaha. Franco ha chiuso al sedicesimo posto, a oltre nove decimi da Vinales. A ogni modo, sarà il 2024 a darci reali indicazioni sui valori degli attuali protagonisti sulle diverse moto.

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  • Arnau Brugues-Davi e quel record ormai dimenticato

    Vent’anni fa la prima vittoria ufficiale in un match del circuito ITF di Arnau Brugues-Davi. Qualche anno dopo, il record assoluto di partite consecutive vinte, prima di sparire definitivamente dai radar

    Arnau Brugues-Davi

    L’esordio nel 2003 e gli anni di attesa

    Ci sono imprese che restano nella storia, indipendentemente dal contesto in cui vengono realizzate. A volte, però, ad accorgersi del loro compimento sono davvero in pochi. È probabilmente quello che è accaduto al tennista spagonolo Arnau Brugues-Davi, mai conosciuto dal grande pubblico nonostante una carriera più che diginitosa e un primato incredibile – di cui parleremo più avanti – messo a segno nel 2011. Nato a Vic, nella provincia di Barcellona, il 5 marzo del 1985, il tennista catalano esordì nei tornei professionistici nel 2003, ed esattamente vent’anni fa vinse il suo primo incontro ufficiale in un evento ITF disputato in Spagna, a Gran Canaria.

    Da quel successo ottenuto nel novembre del 2003 Arnau ebbe però bisogno di tempo per riuscire realmente a emergere. Fino al 2005, infatti, rimase sempre all’interno dei confini nazionali, giocando 24 tornei in totale e raccogliendo il magro bottino di una semifinale e quattro quarti di finale, prima di partire per gli Stati Uniti. Il mancino iberico optò per una carriera universitaria che lo avrebbe allontanato per circa tre anni dai tornei ufficiali, permettendogli però di imparare a giocare sui campi in cemento. Ed era proprio di questo, a quanto pare, che aveva bisogno. Spagnolo solo di passaporto, Brugues-Davi non digeriva la terra rossa. Nell’estate del 2008 Arnau ripartì proprio dai Futures sul cemento americano, ed ebbe bisogno di appena due tentativi per conquistare il primo titolo in carriera. Fu l’inizio di una nuova vita tennistica.

    Arnau Brugues-Davi

    Un record nel silenzio, poi il ritiro

    Tra il 2009 e il 2010, lo spagnolo conquistò altri cinque titoli sempre sui campi veloci, tra Stati Uniti e Messico. Vinse anche tre tornei in doppio, ovviamente sul cemento. Poi la stagione del grande salto di qualità, un 2011 fenomenale in cui Brugues-Davi conquista otto tornei ITF su nove finali disputate. Nel mese di luglio arriva anche il primo trionfo in un Challenger, sul cemento di Penza, in Russia. Così, all’inizio dell’anno successivo, il giocatore catalano prova a salire di livello con le qualificazioni ATP. Le cose non vanno benissimo, e ad aprile è tempo di tornare indietro.

    Brugues-Davi gioca e vince il primo dei due tornei ITF disputati in Turchia, mentre nel secondo viene fermato nella finalissima dal tedesco Robin Kern. Il tennista iberico, che aveva vinto gli ultimi sette eventi Futures giocati l’anno precedente (35 partite), arriva così a quota 44 match consecutivi vinti a livello ITF, superando il precedente primato dell’argentino Eduardo Schwank. Un record storico, seppur dimenticato in fretta dalla maggior parte degli appassionati, che rappresenterà il punto più alto della carriera di Arnau Brugues-Davi. Nel 2013 arriveranno una serie di sconfitte causate anche da alcuni problemi fisici. Nel mese di luglio giocherà il suo ultimo incontro in carriera, nel Challenger di Segovia, prima di fermarsi definitivamente. Un record e il successivo ritiro arrivati nel silenzio, in un arco temporale di poco più di un anno.

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  • Andy Roddick: l’ultimo fuoriclasse a stelle e strisce

    Il 3 novembre del 2003, il tennista del Nebraska diventava il nuovo numero 1 della classifica ATP. Per almeno 20 anni, Andy Roddick sarebbe rimasto l’ultimo atleta statunitense a raggiungere questo traguardo

    Andy Roddick numero 1

    Il titolo agli US Open e il primato mondiale

    Siamo agli inizi del nuovo millennio quando il tennis statunitense, che ha da poco dovuto fare i conti con la fine della più grande rivalità di sempre nel tennis internazionale, dà il benvenuto a un nuovo giovane fuoriclasse. Pete Sampras si è appena ritirato, Andre Agassi è ormai nella parte finale della sua carriera. Ma c’è un ragazzino di Omaha, nel Nebraska, che può aiutare i tifosi americani a non vivere di ricordi ma mantere il focus sul presente. Servizio devastante e dritto esplosivo, Andy Roddick dà immediatamente l’impressione di poter dominare la scena mondiale. Gli Stati Uniti hanno la possibilità di dare continuità al proprio primato ai vertici del tennis internazionale. Alla fine del 2002, quando ha da poco compiuto vent’anni, A-Rod è già nella top 10 delle classifiche ATP.

    Il 2003 sarà l’anno dell’esplosione definitiva. All’Australian Open e a Wimbledon è semifinalista, poi inizia l’estate sul cemento nordamericano e Andy diventa inavvicinabile per chiunque. Al titolo vinto a Indianapolis a luglio, segue la doppietta nei Masters Series di Montreal e Cincinnati, che permette al giovane americano di presentarsi a New York come principale favorito per gli US Open. A Flushing Meadows il tennista Omaha va a un passo dall’eliminazione in semifinale contro David Nalbandian, a cui salva un match-point prima di imporsi in cinque set. In finale, per Juan Carlos Ferrero non c’è scampo. Vince Andy Roddick, che diventa il secondo giocatore a realizzare il Summer Slam dopo Patrick Rafter nel 1998. Secondo Rino Tommasi “per Roddick è il primo, ma certamente non l’ultimo torneo dello Slam“. Il 3 novembre del 2003, Andy diventa numero 1 della classifica ATP. Sembra essere solo l’inizio di una carriera da dominatore.

    Andy Roddick e Roger Federer

    La non rivalità con Roger Federer

    Purtroppo per Roddick, il pronostico di Rino Tommasi non verrà rispettato. Già campione a Wimbledon e alla Tennis Masters Cup nel 2003, Roger Federer a partire dall’anno successivo dimostra di essere di un’altra categoria rispetto a tutti gli altri. Nel febbraio del 2004 lo svizzero scavalca Roddick e si prende la prima posizione in classifica: non la lascerà più per 237 settimane consecutive. Andy resterà un ottimo numero 2 per tutto l’anno, poi l’arrivo di Rafael Nadal lo costringerà a diventare il terzo della classe nel 2005, allontanandosi progressivamente da quel ruolo di protagonista che sembrava poter ricoprire a lungo. Ma, soprattutto, non riuscirà mai a creare una vera rivalità con Roger Federer, contro il quale perderà le finali di Wimbledon 2004, 2005 e 2009 – quest’ultima dopo essere stato avanti di un set e per 6-2 nel tie-break del secondo set, poi perso – e quella degli US Open 2006.

    Protagonista assoluto, Roddick lo resterà solo nelle conferenze stampa. “Se esistessero le classifiche per le conferenze stampa, non avrei mai dovuto preoccuparmi di uscire dai primi cinque. Sono diretto nella vita come nel tennis. Davanti ai giornalisti rispondo la prima cosa che mi salta in mente – dichiarò l’ex numero 1 statunitense – non ci penso su, cerco di essere onesto. Per questo nelle conferenze stampa mi rilasso e qualche volta rido anche delle domande che mi vengono poste”. Potrebbe essere sintetizzato in queste parole il suo modo di comunicare. Del resto, è sempre stato difficile trattenere le risate quando Andy metteva in discussione la professione arbitrale, come quando disse: “Continuate gli studi, ragazzi, o potreste finire per diventare un giudice di sedia”. Un fenomeno della comunicazione, che ha saputo vincere tanto anche sul campo. Resta lui l’ultimo campione Slam e numero 1 del tennis a stelle e strisce.

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  • Sha’Carri Richardson, chi è la velocista americana, tra i personaggi dell’anno

    23 anni, nata a Dallas in Texas: Sha’Carri Richardson è la vincitrice dei 100 metri agli ultimi mondiali di Budapest e bronzo nei 200. La statunitense è tra le candidate al premio “Women’s World Athlete of the Year 2023″.

    La velocista americana Sha'Carri Richardson
    La velocista americana Sha’Carri Richardson. Ph. Credit: IG Richardson

    La donna più veloce del mondo: Sha’Carri Richardson

    A 23 anni Sha’Carri Richardson ha già scritto un pezzo importante della propria storia vincendo i 100 metri ai Mondiali 2023 di Budapest. Con il crono di 10.65 si è piazzata davanti a Shericka Jackson e alla cinque volte campionessa del mondo  Shelly-Ann Fraser-Pryce. La Richardson ha così riportato l’oro negli USA: non accadeva dal successo della compianta Tori Bowie nel 2017. Un vero riscatto per la velocista squalificata, per essere stata trovata positiva alla marijuana prima dei Giochi di Tokyo 2020. Squalifica, che, tra l’altro fece discutere e non poco, visto che negli Stati Uniti, la sostanza a scopo ricreativo è legale dal 2014. La squalifica fu solo di un mese, ma fatale per i cinque cerchi e per la qualificazione, poi fallita al Mondiale di Eugene 2022.

    Sha'Carri Richardson
    L’eclettica americana Sha’Carri Richardson. Ph. Credit: IG Richardson

    Il tentato suicidio

    Oltre la pista, però, ci sono stati momenti di difficoltà. In passato la sprinter ha anche lottato per la sua salute mentale. Nel 2021, a seguito della morte della madre (che da piccola l’aveva abbandonata) ha attraversato un momento non facile. Tempo fa raccontava: “Ho appreso la scorsa settimana che mia madre naturale era morta. Ho scelto di seguire i miei sogni, di venire qui e di rendere orgogliosa la famiglia che ho su questa terra. Nessuno sa cosa sto passando. Tutti hanno delle difficoltà e lo capisco, voi mi vedete su questa pista e vedete la faccia da poker che faccio, ma nessuno tranne loro e il mio allenatore sa cosa passo giorno per giorno. Sono molto grata, senza di loro, non ci sarei io. Senza mia nonna, non ci sarebbe Sha’Carri Richardson. La mia famiglia è il mio tutto, il mio tutto fino al giorno in cui avrò finito”.

    L’assenza, della figura materna, su sua stessa ammissione, l’ha anche portata a pensare, al liceo, al suicidio. È stata così cresciuta dalla nonna. dalla zia Shayaria. ” Le dicevo sempre: ‘Hai intenzione di lasciarmi anche tu?’ Mi ha detto di no, che avrei sempre avuto una famiglia e fino ad ora non mi ha mai lasciato. Sapevo di averne bisogno di affetto e quando me l’ha dato, ho capito che la mia vita si era trasformata”. Proprio la zia è stata, non a caso, la sua prima allenatrice.

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