Attualità

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In “Attualità” vengono pubblicati gli articoli più eclatanti delle testate giornalistiche e dei blog della rete – dopo previa verifica – citandone la fonte, articolo originale. 

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  • Il Canale di Suez: da renoso escamotage a checkpoint geopolitico

    Tagliando l’omonimo istmo di terra rocciosa e sabbiosa dell’Egitto orientale, legando la porzione africana e asiatica del paese, scorre, navigabile, l’alveo artificiale di Suez (in arabo Qanât al’sulways), ad occidente rispetto alla Penisola del Sinai, tra Porto Said (Bûr Sai’d) sul Mar Mediterraneo e Suez (Al’Sulways), sul Mar Rosso. L’idea di realizzare piccole scorciatoie che potessero collegare più facilmente il Cairo al Mar Rosso, risale ad epoche molto più antiche: con gli antichi egizi, abili tuttofare, si costruì una via di veloci canali, poi migliorata e ampliata dagli ingegneri Persiani e Romani, successivamente ricoperta in epoca bizantina. Per aggirare la terra araba, e ridurre in tal modo il costo delle spezie, dai tabacchi di Giava alla cannella di Ceylon, i veneziani, in età moderna, decisero di rimettere le mani sul progetto.

    “I battelli a vapore sono già al servizio del Sultano e del Vicerè d’Egitto, e allorquando il commercio europeo sentirà il bisogno d’una strada ferrata dal Nilo al mar Rosso, questa strada sarà costrutta. […] Anche il progetto di riaprire quel canale che in altri tempi univa il mar Rosso al Mediterraneo, non tarderà forse a ricevere esecuzione” (Istituto Veneto, letto il 30 maggio 1842).

    Tuttavia, nonostante le richieste e gli ingenti lavori, necessari per la riattivazione del percorso da parte dei turchi, il canale rimase inagibile e non funzionante.

    Durante il XVIII secolo, l’impulso per una vera e propria progettazione fu dato dall’espansione napoleonica, quando si presentò sulle rive d’Egitto, l’architetto e ingegnere francese, Jean B. Lepère. La sua ipotesi di taglio in tre tronchi (lungo il vecchio canale faraonico, attraverso il Nilo, e presso il canale di Alessandria), venne accantonata momentaneamente in seguito alla sconfitta di Waterloo. Con la caduta della dominazione francese, Mohamed Ali Pascià prese il controllo per la realizzazione del canale, nel suo tentativo di modernizzare il paese costantemente ostacolato dall’indifferenza delle potenze europee, le quali istituirono nel 1846 la Società degli Studi del Canale di Suez. Quest’ultima era costituita da ben tre gruppi nazionali: quello inglese guidato da R. Stephenson, quello tedesco con L. Negrelli e quello francese con P. Talabot. Iniziavano a delinearsi i rapporti internazionali tra le colonialiste europee intente a disegnare, con indelebile inchiostro, rotte commerciali rapide e brevi. Nel 1858, il nuovo Pasciá, Mohammed Said, concesse la direzione tecnica al veneziano Negrelli, il quale morirà prima della conclusione dei serrati lavori, nel 1869. Il Pascià, governatore per conto di Istanbul, vide avvicinarsi una profonda crisi dovuta all’acquisto di azioni da parte della società francese insieme alla drammatica perdita di manodopera egiziana confluita tra gli infernali cantieri del canale. Nel 1888, attraverso la Convenzione di Costantinopoli, venne dichiarata, sotto la protezione britannica, la neutralità della contesa rotta.

    “l’Oriente e l’Occidente, che si cercano dal tempo delle Crociate e cominciano adesso a ritrovarsi, sposeranno i due mari e le loro rive per farci scorrere i flutti benefici delle idee delle ricchezze e della civiltà” (Saint-Hilaire)

    A causa della ristrettezza del canale appena inaugurato per la quale si incagliarono tra il 1870 e il 1884 circa tremila navi, iniziarono, già a partire dal 1870, i lavoro di ampliamento che proseguirono per decine di anni. Oggi, la più famosa scorciatoia mondiale misura una lunghezza di 190 km e una larghezza di 313 in superfice, con una profondità massima di 24 metri. È noto come l’apertura del Canale determinò la rivoluzione dei traffici mondiali, rendendo marginale nel corso del Novecento anche la rotta del Capo. L’arenoso taglio divenne uno strumento strategico durante la prima e la seconda guerra mondiale, essendo utilizzato dagli inglesi per bloccare le navi tedesche e italiane e comportando lo squilibrio dell’Asse. Nel 1956, il Regno Unito, alleato con la Francia e Israele decise di invadere l’Egitto in risposta alla nazionalizzazione dello stretto promossa dal presidente egiziano, Gamal Abdel Nasser: “Ci riprendiamo quello che era nostro, perché il Canale fu scavato dai lavoratori egiziani e con denaro egiziano” (da un discorso del 26 luglio 1956).

    Iniziava la denominata Crisi di Suez della durata di otto giorni che terminò con la ritirata dei tre paesi occupanti sotto la pressione sia degli Stati Uniti sia dell’Unione Sovietica segnando così la caduta e il declino militare delle nazioni europee. Lo spazio ciottoloso e liminare fu testimone dei numerosi conflitti che videro protagonisti Israele e i Paesi arabi (e non solo…). Dal 1967 fino al 1975, per ben otto anni, quindici navi ne rimasero bloccate all’interno, in seguito alla Guerra dei Sei Giorni e all’occupazione israeliana, divenendo decadenti depositi di sabbia. Di fronte ai costanti conflitti in Medio Oriente, vengono via via messi a rischio e in discussione i numerosi transiti commerciali, comportando una riduzione intorno ai flussi di Suez. Un non-luogo problematico che rappresenta almeno il 12 per cento del mercato mondiale, soggetto attivo di rischiose crisi e sfondo di un 2024 non privo di incognite e ricadute: si torna a circumnavigare l’Africa come gli esploratori di un vecchio mondo.

    “Ancora più singolare, più incomprensibile, è la visione del deserto. Scivolare su questa via d’acqua calma, uniforme, di un azzurro artificiale tra rive di sabbia che scorrono sommessamente attraversando questo mondo non ancora nato e sterile, prossimo al tutto, affine alla tristezza indicibile…” (Annemarie Schwarzenbach).

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  • Artificial Hell di Riccardo Boccuzzi: L’Inferno di Dante visto dall’Intelligenza Artificiale

    Immagina di varcare la soglia di una mostra d’arte e ritrovarti catapultato nei meandri dell’Inferno di Dante attraverso un’esperienza visiva e multimediale unica.

    Questo è ciò che offre Artificial Hell, un’audace interpretazione dell’opera letteraria più celebre al mondo attraverso l’occhio dell’Intelligenza Artificiale.

    Immagine numero due: Virgilio fidato (canto I).
    Artificial Hell di Riccardo Boccuzzi. Immagine numero due: Virgilio fidato (canto I).

    Artificial Hell è la prima mostra al mondo di opere d’arte generate dall’intelligenza artificiale in mostra al museo MAXXI di Roma dal 22 marzo fino al 28 aprile 2024.

    È molto più di una semplice esposizione artistica: si tratta di un’esplorazione innovativa, di un audace esperimento che fonde l’antico con il moderno, il tradizionale con il tecnologico.

    In collaborazione con il Ministero della Cultura e il patrocinio dell’Università di Roma Tor Vergata, la mostra presenta 21 opere stampate su carta baritata in grande formato e altissima qualità, insieme a numerose sequenze visive su monitor e opere audiovisive.

    Attraverso oltre 10.000 tentativi e una perseveranza straordinaria, l’autore ha portato alla luce circa 200 opere finali, esposte in mostra. Queste opere, attingendo allo stile di pittori del passato, mantengono una coerenza filologica e stilistica che le rende uniche.

    Ogni dettaglio, dal colore crudo delle ambientazioni alla fluidità dei volti dei personaggi, evoca una dimensione di mistero e scoperta, guidando il visitatore nei gironi dell’inferno accanto a Dante e Virgilio.

    Censura e AI

    Nell’anno 2022, Riccardo Boccuzzi si è immerso in un viaggio epico per educare una macchina, l’algoritmo MidJourney, a comprendere e rappresentare l’Inferno di Dante, sfidando i filtri della censura e guidando l’algoritmo attraverso più di 10.000 immagini.

    Il risultato è una sequenza di opere figurative che oscillano tra il gotico e il fantasy, immergendo il visitatore in un’esperienza immersiva senza precedenti.

    Oltre alle opere, la mostra offre un documentario diretto dall’artista stesso, che racconta il complesso processo creativo dietro il progetto. Questo viaggio nell’Inferno dantesco, supportato dalla colonna sonora musicale firmata da Vanni Boccuzzi, si presenta come un meta-viaggio che unisce passato e presente, tradizione e innovazione.

    La sfida etica

    Ma cosa rende davvero unica questa esposizione? Oltre alla straordinaria tecnica e al processo creativo coinvolgente, Artificial Hell solleva domande fondamentali sull’arte e sull’autorialità nell’era dell’Intelligenza Artificiale.

    L’opera impersonale dell’AI sfida il concetto stesso di autore, ma allo stesso tempo offre uno spunto per riflettere sul futuro dell’arte e della creatività umana.

    In relazione alle questioni filosofiche e artistiche riguardanti il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nell’ambito creativo, Boccuzzi sottolinea che, nonostante l’importanza dell’AI nel processo creativo, è l’artista umano che deve rimanere al comando, guidando l’algoritmo come un capitano guida la sua nave in mezzo alle tempeste dell’oceano.

    Artificial Hell si presenta dunque quale manifesto dell’incontro tra l’umano e il tecnologico, una testimonianza del potere visionario della mente umana e dell’infinite possibilità offerte dall’Intelligenza Artificiale.

    In un mondo in continua evoluzione, l’opera di Dante continua a risuonare, offrendosi quale compagno di viaggio per ogni anima in cerca di luce nell’oscurità.

    Attraverso la mostra, i visitatori vengono guidati nel cuore della creatività umana e dell’evoluzione tecnologica, per riflettere sul futuro dell’arte e sul rapporto tra uomo e macchina.

    Si tratta di un viaggio, dunque, che mescola passato e presente, tradizione e innovazione, portando la Divina Commedia a una nuova vita nel XXI secolo.

    Per acquistare i biglietti: www.maxxi.art/events/artificial-hell/

    Per visitare il blog: www.artificialhell.com

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  • Manus il “partigiano” – Dark Souls per spiegare il 25 aprile

    Il 28 aprile 1945, Benito Mussolini fu catturato e giustiziato. Le foto del suo corpo privo di vita, appeso a testa in giù, il giorno seguente a piazzale Loreto, sono tuttora reperibili sul web.

    Volendo dare un parere onesto alla vicenda, non c’è nulla di buono nel leggere gli ultimi momenti di qualsiasi uomo prima che venga ucciso, né leggere e vedere i diversi modi con cui furono scherniti corpi privi di vita, ma quanto si può biasimare chi visse quel periodo e finì per agire in questo modo? 

    Molti atteggiamenti che si tende a definire disumani, sono purtroppo assolutamente presenti nell’indole umana. Quante volte, leggendo o ascoltando una notizia di cronaca nera, si arriva ad invocare punizioni al limite del sadico per i colpevoli? 

    Sono trascorsi settantanove anni dalla morte del leader del partito fascista, ma di esempi del genere se ne trovano ancora oggi, a causa dei conflitti recenti. 

    Un argomento che va oltre le questioni politiche, spesso banalizzato dalle polemiche che ogni anno si riaffacciano in Italia con l’arrivo del 25 aprile, l’anniversario della liberazione dal nazifascismo. 

    Si tratta di reazione alla violenza e alla repressione, e dell’odio che, come scritto da George Orwell in “1984”, quando parte lo puoi rivolgere contro chiunque.

    Concetti che anche le opere videoludiche sanno spiegare, dalle meno note ma dedite propriamente a fare questo, fino ad alcune delle più popolari. 

    Che cos’è un videogioco? Cosa lo definisce tale? Domande che possono sorgere nuovamente all’avvio del videogioco September 12th, dove la prima schermata, elencante le istruzioni del gioco, recita chiaramente: “this is not a game.”

    Non viene considerato tale in quanto non si può vincere né perdere; come Pac-Man non ha una fine, ma non ci sono neanche livelli in cui avanzare, punteggi, o eventuali sconfitte. 

    Le regole, sempre secondo le istruzioni, sono semplici: sparare o non farlo.

    L’opera è stata sviluppata da Gonzalo Frasca e pubblicata nel 2003; il titolo indica il giorno successivo all’11 settembre 2001, giorno dell’attentato alle Torri Gemelle, per simboleggiare l’inizio della guerra contro il terrorismo di Al Qaida. 

    Difatti quest’opera presenta un’unica ambientazione urbana mediorientale, con visuale isometrica, fornendo all’utente il solo controllo di un mirino per sparare ai terroristi, facilmente distinguibili dai comuni cittadini.

    Il problema è che il mirino non è quello di un fucile di precisione, bensì di un lanciamissili. In September 12th è impossibile sparare un colpo senza abbattere qualche edificio, ed è molto probabile che l’esplosione del colpo uccida qualche civile.

    I superstiti piangono i morti e si trasformano in terroristi, dando vita a un ciclo senza fine.

    giochi seri
    Buona fortuna a colpire i terroristi e nient’altro (Fonte: On Serious Game)

    “Questo non è un gioco”, recita la prima frase presente nelle istruzioni, definendo September 12th come una simulazione con lo scopo di mostrare ciò che tendenzialmente si ignora della guerra, ovvero il fatto che le vittime siano per lo più civili (oltre il 90% secondo il registri dell’ospedale di Kabul, secondo il racconto di Gino Strada nel libro postumo “Una persona alla volta”) e che i superstiti potrebbero bramare vendetta al punto da sposare la causa terrorista, in barba a qualsiasi questione morale o religiosa.

    Non si commetta assolutamente l’errore di pensare che questo esempio intende paragonare la Resistenza ai terroristi. September 12th è soltanto una delle opere videoludiche più esplicative del ciclo della violenza, estremizzato dalle guerre ma trascendente i luoghi, le fazioni, i periodi storici.

    Al contrario, essendo le stragi partigiane in Italia il movente degli oppositori della Festa della Liberazione, interagire con la violenza tramite questo medium potrebbe essere un’occasione per riflettere su quanto sia auspicabile non ripetere determinate situazioni

    Una donna sparò al cadavere di Mussolini cinque colpi di pistola per vendicare i propri cinque figli morti in guerra

    BBC, 28 aprile1945, citando Radio Milano

    September 12th potrebbe fuorviare per il fatto che tratta una situazione di guerra contro il terrorismo islamista, per tanto è bene aggiungere esempi che abbiano più un significato generico, seppur nient’affatto palese. 

    E’ il caso di Dark Souls, precisamente della sua espansione Artorias of the Abyss

    Quando si tratta del fascismo e della caduta del regime, viene spesso ripetuto il mantra: “Mussolini ha fatto anche cose buone”, e viene detto che i partigiani hanno anche commesso dei crimini, senza mai mettere in correlazione questi ultimi con il regime fascista, la seconda guerra mondiale, e l’occupazione nazista.

    Dark Souls: Artorias of the Abyss racconta tutto ciò in chiave dark fantasy, essendo un’allegoria sulle conseguenze della repressione.

    La storia del contenuto aggiuntivo di Dark Souls narra degli abitanti di Oolacile, terra della stregoneria, che profanarono la tomba dell’uomo primordiale, scatenandone l’ira sotto forma di un’oscurità senza fine che corruppe il loro territorio.

    Manus, Padre dell’Abisso. Questo è il nome dell’essere mostruoso nato da tale profanazione, in questo mondo in cui la ciclicità è bloccata dall’Era del Fuoco, sorta per mano dei Lord, che viene perseguita nella speranza di non farla mai terminare, al punto da generare la non morte: priva di vita ma che impedisce di andarsene definitivamente.

    A questa triste condizione, per Manus è stata aggiunta la tortura e la perdita di un pendente che per egli è prezioso al punto da creare un’ossessione, dando infine origine a un’oscurità illimitata che corrompe ogni cosa.

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    Le conseguenze della repressione (Fonte immagine: Fextralife)

    Per anni è stato ipotizzato (e si continua a farlo) che Manus fosse il Nano Furtivo, colui che nella Prima Fiamme, origine della diversità, trovò un’anima differente da quelle raccolte dai Lord: l’Anima Oscura, essenza degli esseri umani, capace di moltiplicarsi (appunto, Dark Souls) e generare l’umanità.

    Tuttavia la lore di Dark Souls III, in particolare quella del suo secondo DLC, The Ringed City, accentua i dubbi su questa ipotesi. Inoltre, in questo articolo torna più utile leggere in chiave metaforica la frase “disturbare il sonno dell’uomo primordiale.” 

    L’umanità in Dark Souls rappresentata come Oscurità, perché la vita può portare sofferenza, difficoltà, finanche malvagità, ma bisogna comunque andare avanti e rischiare, senza il gioco di qualcuno che si ritiene superiore, altrimenti la vita assumerà forme orribili

    Come intuibile dalla descrizione dell’armatura dei Cavalieri degli Anelli in Dark Souls III, il Segno Oscuro, simbolo dei Non morti, rappresenta l’Oscurità che rompe il sigillo della Fiamma che la imprigiona

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    Un sigillo di fuoco infranto dall’oscurità imprigionata, come si intuirà in Dark Souls III (Fonte immagine: Steam Community)

    La non morte come simbolo di non vita. Se i Lord non vogliono far terminare l’Era del Fuoco, l’umanità ha ben poco da offrire al mondo. 

    L’Abisso è invece la forma più oscura dell’umanità e può assumere diversi aspetti. In Dark Souls si manifesta tramite l’ambizione dei Quattro Re, o la tirannia di Wolnir in Dark Souls III, o anche tramite la ribellione di Manus.

    Le stragi partigiane appartengono alla storia, come anche il regime fascista, la seconda guerra mondiale, il nazifascismo e l’occupazione nazista. 

    Non si può trasformare la storia in uno scontro tra “tifoserie” senza contesto; si può solo imparare da essa, ascoltando tutto ciò che ha da dire. 

    Non è bello leggere anche solo le testimonianze sulla morte di Mussolini e su come fu schernito in seguito il suo corpo, ma è ipocrita sottolineare il lato oscuro della Resistenza ignorando il contesto storico, ben più importante, nel quale si formò. 

    Oolacile prigione
    Provate a fermare questi prigionieri dicendo che Oolacile “ha fatto anche cose buone” (Fonte immagine: Wobble Reviews)

    In Dark Souls è permesso ignorare i retroscena della caduta di Oolacile, trattandosi di un videogioco. Per giocare bisogna accettare le regole, le quali dicono che bisogna uccidere Manus, indipendentemente dal fatto che sia stato una vittima prima di diventare carnefice. 

    Dark Souls permetterà comunque al Non morto prescelto di diventare un partigiano, senza macchia, decidendo di porre fine all’Era del Fuoco anziché vincolare la Fiamma, dando inizio all’Era dell’Oscurità con tutti i rischi che la libertà degli uomini include, tra cui la nascita di una nuova forma di Abisso e persino di una nuova Era del Fuoco. 

    Proprio nella scelta finale Dark Souls sfocia nella pop culture dell’argomento trattato, dato che in ogni finale della trilogia non c’è mai una decisione priva di dubbi sulle proprie scelte, o di incertezze sul futuro. Allora quale scelta compiere? Come recita l’ultima parte della descrizione della chiave della cella dei sotterranei, primo oggetto ottenibile nel gioco, “Anche senza risposte, bisogna comunque proseguire.”

    E tuttavia, la rabbia che ognuno provava costituiva un’emozione astratta, indiretta, che era possibile spostare da un oggetto all’altro come una fiamma ossidrica

    1984 – George Orwell

    Un’altra critica mossa ai partigiani della Resistenza è quella di aver commesso omicidi anche a guerra terminata. Come l’Abisso generato da Manus, questo tipo di oscurità presente nell’uomo non si placa da sola e può corrompere chiunque.

    Persino Artorias, uno dei cavalieri di Lord Gwyn, mandato in missione proprio per fermare Manus, venne corrotto da questo male, nonostante la storia racconti erroneamente che fu lui a sconfiggere il Padre dell’Abisso. 

    La corruzione di Artorias può essere letta come la storia di un uomo che ha sempre vissuto sotto l’egida di chi era al comando, ritrovatosi ad affrontare un male del quale non aveva mai potuto fare esperienza.

    Artorias avrà mai visto la polvere sotto il tappeto del suo signore? Avrà mai posto domande, ad altri e a se stesso, su quello che hanno fatto i Lord pur di mantenere lo status quo? Egli è l’esempio di un servo fedele che vede il suo mondo crollare, e dinanzi al male che sta per colpirlo, lo maledice, ignaro del fatto che il suo mondo è causa di quel male.

    Dark Souls Artorias
    Il non morto prescelto e Artorias. Due delle più grosse bugie di Dark Souls (Fonte immagine: IGDB)

    Pur indossando ancora la sua armatura, e nonostante l’ultimo atto di misericordia nel fornire la protezione al suo compagno, il lupo Sif, per salvarlo dall’Abisso, Artorias ormai non è poi così diverso dai bloathead di Oolacile, con le loro teste deformi a simboleggiare la follia che li ha corrotti. Difatti il cavaliere ormai si limita a uccidere chiunque incontri sul suo cammino, anche il Non morto prescelto.

    Le polemiche sulla Festa della Liberazione assumono facilmente una questione di schieramento politico, andando a etichettare la Resistenza come di sinistra e ponendo la questione come una semplice opposizione alla destra. 

    In realtà, i partigiani della Resistenza provenivano da tutti gli schieramenti politici fuorché dal partito fascista. Abbinare la Resistenza alla sinistra è probabilmente dovuto alla supposizione di alcuni partigiani sostenitori dell’Unione Sovietica, e la conseguente accusa di voler approfittare della situazione per spingere tali ideali anche in Italia.

    L’occasione fa l’uomo ladro e anche la repressione di Manus e l’ambizione dei Quattro Re, secondo le testimonianze raccolte in Dark Souls, è stata spinta da certi “serpenti”. Si riferiscono probabilmente ai serpenti primordiali, forse lo stesso Kaathe di cui si fa conoscenza nell’opera. 

    dark souls kaathe
    I tratti umanoidi fanno pensare a una teoria dell’evoluzione diverse, unita alla figura del serpente (Fonte immagine: TheGamer)

    “Il serpente è un drago imperfetto, nonché il simbolo dei non morti. E’ in grado di divorare prede più grosse di sé, fatto che lo ha portato a essere associato all’ingordigia.” La descrizione dell’anello del serpente dice molto sul profilo su questi probabili antenati dell’uomo, basandosi sui loro pochi tratti umanoidi e su una possibile teoria dell’evoluzione rivisitata.

    Un essere ambizioso ma di natura fallace, disposto a tutto per la propria gloria o sopravvivenza, sia esso il sostegno alla stessa umanità a cui appartiene o ai Lord che la reprimono.

    Scatenare l’Abisso potrebbe essere stato un tentativo di portare a Lordran, la terra dei Lord, il dominio dell’oscurità repressa, ma ciò ha causato solo rovina. 

    Potrà anche esserci stato qualcuno con dei secondi fini nella Resistenza, ma se l’intervento degli Stati Uniti è stato fondamentale per la liberazione d’Italia, come si può pensare che costoro avrebbero mai potuto ribaltare quanto fatto dagli italiani e dagli Alleati al termine della seconda guerra mondiale? I serpenti primordiali non sembrano destinati al ruolo dell’eroe.

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  • Cino Del Duca, mecenate et philanthrope. Presentato al Ministero della Cultura il biopic RAI

    Si è svolta ieri, presso la Sala Spadolini del Ministero della Cultura, la presentazione del progetto Una passione, due nazioni: Cino Del Duca, biopic prodotto da Superangeli 2 Srl e Rai Documentari, ideato e caldamente voluto da Paola Severini Melograni che ieri ha condotto la rassegna stampa. Incisivo il contributo di Fabrizio Zappi che ha reso possibile la produzione per la Rai. Il lavoro nasce dalla volontà di raccontare l’importante figura di Cino Del Duca che molto ha dato, in Italia e in Francia, al mondo della cultura.

    Alla presentazione ha preso parte l’ambasciatore francese Martin Briens che ha ricordato come Cino Del Duca sia stato «ponte tra la Francia e l’Italia», simbolo di coesione tra le nostre nazioni, il cui sodalizio continua oggi a essere forte in richiamo anche agli Accordi del Quirinale. 

    In rappresentanza del Ministero, Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, insieme alla vicepresidente Giorgia Latini, si sono dichiarati lieti di patrocinare un progetto così importante per quanto riguarda la memoria storica del nostro paese.

    Editore e filantropo

    Cino Del Duca è purtroppo da pochi conosciuto in Italia, Oltralpe, invece, il suo mecenatismo è ben noto. Cavaliere e poi Ufficiale della Legion d’Onore – come ha ricordato l’ambasciatore francese – è stato uomo di grande cultura ma anche capitano d’impresa per la prima metà del secolo scorso. Negli anni ’30 fonda Il Monello e L’intrepido, dando vita di fatto a due dei periodici più significativi dell’editoria per ragazzi, mentre per il grande pubblico non si può non menzionare Grand Hotel per l’Italia e Nous Deux per la Francia. Ma la sua attività non è solo editoriale, si muove significativamente anche nel mondo delle produzioni cinematografiche con pellicole indimenticabili come Grisbì di Jacques Becker, Il bell’Antonio con Marcello Mastroianni e Claudia Cardinale e Accattone di Pasolini.

    Il bell’Antonio diretto da Mauro Bolognini e interpretato da Claudia Cardinale e Marcello Mastroianni.

    L’imprenditore

    Con gratitudine e gioia hanno preso parte alla presentazione il sindaco di Montedinove Antonio Del Duca con una delegazione di cittadini che hanno così rappresentato il paese natale del filantropo marchigiano; regione quest’ultima che ha voluto partecipare nella figura della consigliera Monica Acciarri. Commovente la testimonianza diretta e il ricordo affettuoso di Mara Benvenga che ha così restituito il lato umano del ricordo di Cino Del Duca, ricordo ulteriormente rinvigorito sul piano storico dal professor Claudio Siniscalchi che ha offerto la sua consulenza al progetto e ha sottolineato come ad oggi la figura del montedinovese sia quella di un «modernizzatore dimenticato» e, quindi, ha ribadito ulteriormente la necessità di ridare lustro alla sua persona. Si è ricordato inoltre come dalla collaborazione di Del Duca con Enrico Mattei, altro grande capitano d’impresa italiano, venne fondato nel 1956 il quotidiano Il Giorno. Un uomo, dunque, che ha saputo guardare avanti ed è stato in grado di condurre l’Italia alle porte del miracolo economico. Un invito caloroso a rinforzare questo sodalizio tra istituzioni centrali e locali, italiane e francesi è infine venuto da Marcelle Padovani che l’Italia l’ha eletta sua seconda patria e l’ha conosciuta e sempre superbamente raccontata.

    Una veduta di Montedinove nella provincia di Ascoli Piceno. (Foto di Sally D’Erasmo)

    Il documentario, scritto da Giuliano Compagno, con la consulenza critica-cinematografica di Steve Della Casa, è stato diretto da Roberto Dassoni, i cui saluti sono stati portati da Paola Severini Melograni, la quale ha auspicato, data la mole di materiale emerso per la realizzazione del biopic, che le istituzioni si operino per la futura creazione di un archivio pubblico. Noi ci auguriamo che questo avvenga e speriamo soprattutto che si continui a operare in tal senso per la valorizzazione dei nostri personaggi di spicco che di fatto fanno e sono il nostro patrimonio culturale.

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  • Lucrezio annuncia cose inaudite

    Cosa libererà l’umanità dalle tenebre in cui è avvolta? Non saranno gli dèi o i loro figli sui nostri troni. Bensì, “la visione e la scienza della natura”. La conoscenza è l’antidoto alla paura. Questo è il mantra programmatico del De rerum natura di Lucrezio, celebre poeta latino vissuto attorno al I secolo a.C.. Una sfida radicale lanciata a tutto il panorama politico e religioso romano.

    Il De rerum natura è un’opera tanto scomoda, iconoclasta e anticonformista da subire la damnatio memoriae di tutto il mondo latino-romano nei secoli a seguire. Lo spiega sapientemente Ivano Dionigi nel suo libro “L’Apocalisse di Lucrezio: Religione, Politica, Amore”, edito da Raffaello Cortina Editore. Sconosciuto a Dante, Petrarca e Boccaccio, assisteremo ad una nuova primavera lucreziana soltanto nel Rinascimento a seguito della riscoperta dell’umanista Poggio Bracciolini nel 1417.

    La verità di cui il poeta latino si fa portavoce è devastante. È una verità da cui l’umanità si è sempre dovuta difendere creando una pletora di fragili sovrastrutture. Dalla religione, al culto politico e persino nella concezione dell’amore. Non sono altro che convenzioni atte a conservare l’ordine sociale e politico, ma, al contempo, ci condannano all’infelicità. Forse, il celebre psicanalista Jacques Lacan prendeva spunto proprio da Lucrezio quando affermava che “il rapporto sessuale non esiste”. Esso, come sostiene il poeta latino, non è che una frustrante e irrisolta lotta tra corpi che cercano inutilmente di fondersi in un’unità inscindibile.

    Ma cosa vuole rivelarci Lucrezio? Una realtà fatta di atomi eterni e indistruttibili privi di una mente ingegnosa che ne decida i movimenti. Se non l’intrinseca libertà meccanica concessa dal clinàmen, la deviazione infinitesima e casuale dei moti degli atomi. Quella affrescata da Lucrezio è una natura sorretta dalla legge d’isonomia. Un equilibrio di forze uguali e contrarie, vita e morte, creazione e distruzione. In quest’incessante vortice, in realtà, nulla si crea e nulla si distrugge davvero, perché gli atomi, indistruttibili ed eterni, danno continuamente vita a nuovi mondi. Che il poeta latino abbia anticipato di due millenni il celebre Lavoisier?

    Ecco che allora diventa fondamentale per un epicureo come Lucrezio accettare la distruzione, la malattia, la rovina di un’epoca “stremata”: la Morte. Nulla può sfuggire alla mors immortalis. Ma cos’è in fondo essa, se non un intermezzo tra l’eternità che ci precede e quella che ci segue? Un puro accidente naturale. Tutt’altro che penosa e contro natura, come avrebbe affermato Agostino in polemica con epicurei e stoici.

    Ma allora? Che spazio per l’umanità? Che ruolo rimasto per una creatura verso cui gli dèi – stando alla lezione dello stimato maestro Epicuro – sono incuranti, addormentati nella loro summa pace? Non v’è altro destino per il sapiens che essere “un frammento brulicante del dramma universale”. È la Natura la vera protagonista della nostra storia:

    Nessuna centralità dell’uomo o dell’universo, dal momento che gli universi sono infiniti; e nessuna gerarchia tra le foglie degli alberi, i fiocchi di neve, i sassi del fiume, le messi, gli arbusti, le specie dei viventi, il cielo, il mare, la Terra. Tutti della stessa natura, formati dagli stessi atomi (eadem elementa), governati dalla stessa legge, vincolati dallo stesso principio (eadem ratio). Tutto è in relazione, anzi tutto è relazione e ha un destino comune e quindi tutto ha la stessa dignità

    Ivano Dionigi mette abilmente in risalto quanto nel poeta latino si consumi una vera e propria uccisione della visione classica, consistente in un cosmo ordinato e antropocentrico. Abitiamo una natura matrigna, come ci ricorda il Dialogo della Natura e di un Islandese di Leopardi, non pensata per noi, non curante delle nostre sofferenze e non a nostra misura. Eppure, può essere compresa dalla ragione e dalla vista, scrutata con tranquillità e consapevolezza. Non c’è da sorprendersi, d’altronde, che autori come Machiavelli, Bruno, Goethe, Leopardi ed Einstein ne fossero profondi estimatori.

    Seppur si allontani dalle calde rassicurazioni antropocentriche, il monito di Lucrezio, sottolineato da Ivano Dionigi, è quello di una responsabilizzazione di ciascuno di noi. In un mondo convinto di poter piegare la natura ai suoi scopi (con gli esiti ecologici che tristemente osserviamo) e sempre sedotto dalla ricerca del potere, nulla ci sottrae al caos e al nostro “destino comune”. La prospettiva è drammatica e al tempo stesso liberante. Ci rende liberi di studiare, capire senza pregiudizi la complessità, abbandonare mitologemi e convenzioni sociali manipolatorie. Perché liberarci dalle nostre paure è l’unico ponte di passaggio verso la nostra felicità.

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Medico di base denuncia: Boom di problemi autoimmunitari e cardiovascolari post-vaccinazione In un'epoca in cui la scienza e la medicina sono al centro dell'attenzione globale, emergono voci di dissenso e preoccupazione. La dottoressa Erminia Ferrari, medico di base, in un'intervista esclusiva, ha condiviso le sue osservazioni e preoccupazioni. La dottoressa Erminia Ferrari che ha denunciato l'aumento di problemi autoimmunitari e cardiovascolari post-vaccinazione Il boom delle problematiche autoimmunitarie Secondo la dottoressa, il numero di casi di problematiche autoimmunitarie è aumentato in modo significativo dopo la somministrazione dei vaccini Covid. Questo fenomeno era atteso, ma la portata dell'impatto ha sorpreso molti. Pazienti giovani, in particolare, sembrano essere...
Studio pubblico USA: i vaccini mRNA causano miocarditi – e niente altro
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Agenda 2030: Verità nascoste e controversie esposte da Enzo Pennetta
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L'Agenda 2030: Un Programma Controverso Nel panorama globale, l'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile emerge come un ambizioso piano d'azione per affrontare sfide cruciali entro il 2030. Tuttavia, dietro i suoi nobili obiettivi di progresso sociale, economico e ambientale, si cela una serie di criticità e interrogativi. L'analisi di Pennetta Secondo Enzo Pennetta, esperto nel campo, l'Agenda 2030 non è solo un innocuo programma di sviluppo, ma nasconde una dimensione ideologica più profonda. Pennetta solleva dubbi sul ruolo della globalizzazione e della Quarta rivoluzione industriale all'interno di questo schema. La sua analisi mette in luce i limiti e le contraddizioni dell'Agenda, evidenziando la mancanza di spazio per il dibattito e le obiezioni. Mentre l'Agenda 2030 trova posto anch...
Oms e Bill Gates lanciano campagna per incrementare le vaccinazioni
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La Casa Bianca di Biden firma un nuovo piano di sorveglianza pandemica finanziato da Gates
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Giuseppe Masala spiega perché il rischio di guerra in Europa è concreto: la NATO non può permettersi la sconfitta dell’Ucraina perché comporterebbe la fine dell’Alleanza. Per questo, lo scopo dell’Ucraina è immolarsi per sconfiggere la Russia.   https://www.youtube.com/watch?v=QK7d9NsU8cc   Content retrieved from: https://visionetv.it/masala-il-piano-draghi-per-la-militarizzazione-dellue/. UNISCITI AI NOSTRI SOCIAL PER RIMANERE AGGIORNATO CANALE TELEGRAM – https://t.me/dituttoedpiu PAGINA FACEBOOK – https://www.facebook.com/dtuttoedpiu PAGINA TWITTER – https://twitter.com/dtuttoed1 PAGINA INSTAGRAM – https://www.instagram.com/dtuttoed Adesso puoi rimanere aggiornato con le nostre rubriche, le ultime novità dell’ultima ora e attualità. ...
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di Ingrid Atzei Eccoci dunque alla vigilia del 21 aprile, quando ricorre il 90° genetliaco dell’Istituto Superiore di Sanità e i ricordi della Sardegna s’intrecciano al vissuto del principale ente che in Italia si sia occupato e si occupi di ‘ricerca su’ e ‘strategie di lotta contro’ le minacce alla salute pubblica. È, infatti, storia dell’Isola il programma di eradicazione delle anopheline tra la metà e l’inizio della seconda parte del secolo scorso; quel che è meno noto è chi stesse dietro a tale programma. Possiamo trarne indicazione dal volume “Malaria in Sardegna e in Italia: come ebbe origine e come fu vinta”, ricerca di Maurizio Feo pubblicata nel 2017. Il saggio, scritto da un medico peninsulare appassionato di storia sarda, si compone di una prima parte storica a carattere general...