Alexander von Humboldt, il primo ambientalista

Si può essere allo stesso tempo scienziati e artisti, esploratori e attivisti politici? La storia del naturalista e geografo Alexander von Humboldt (1769-1859) dimostra di sì. Nato a Berlino in una famiglia aristocratica prussiana, per i suoi contemporanei fu “l’uomo più famoso al mondo dopo Napoleone”. Anche se in pochi oggi si ricordano di lui, Humboldt ha influenzato generazioni di naturalisti, tra cui il giovane Charles Darwin, plasmando la nostra moderna idea di natura e ambientalismo. 

Nel 1799, ottenne da re Carlo IV di Spagna il passaporto per le colonie sudamericane a condizione che si pagasse il viaggio e che inviasse piante e animali per il gabinetto reale. Humboldt percorse in lungo e in largo il Sud America, dalle coste del Venezuela alle rive del Rio delle Amazzoni, dal Perù al Messico, da Cuba all’Ecuador: un tour che gli avrebbe regalato fama in tutto il mondo. Su imbarcazioni di fortuna, a cavallo di un mulo o a piedi, il naturalista prussiano risalì l’Orinoco, si addentrò nella lussureggiante foresta pluviale, scalò quella che all’epoca era considerata la montagna più alta del pianeta, il Chimborazo, un vulcano inattivo della catena delle Ande, alto quasi 6.500 metri. Anche se fu costretto a fermarsi a 300 metri dalla vetta, Humboldt fu il primo a raggiungere quelle altezze. Il suo avventuroso giro si concluse negli Stati Uniti del terzo presidente Thomas Jefferson, che Humboldt incontrò nel 1804, a Washington, in una Casa Bianca in costruzione.

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Ecologista nato. Figlio degli ideali della Rivoluzione francese, fu un convinto antischiavista. La Terra era per lui un unico grande organismo vivente. Antesignano l’uomo che in ventò la natur a ottocento dell’ecologismo, denunciò gli scempi ambientali dei colonizzatori e le sofferenze inflitte ai popoli indigeni. In viaggio, Humboldt disegnava, annotava, mappava e misurava il paesaggio intorno a lui: l’altitudine, l’umidità, la temperatura e perfino l’azzurro del cielo. Comprese il ruolo delle specie-chiave negli ecosistemi e mise a punto le linee di temperatura (dette “isoterme”) e pressione presenti nelle odierne mappe climatiche.

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Al rientro nella vecchia Europa, Humboldt si stabilì per un periodo a Parigi. Qui diventò amico del chimico Joseph Louis Gay-Lussac, del paleontologo Georges Cuvier, del biologo Jean-Baptiste Lamarck e del matematico Pierre-Simon Laplace. Tra i suoi contatti vi fu anche un ricco venezuelano, il giovane Simón Bolívar, che una volta tornato in patria utilizzò le idee humboldtiane sulla natura e sulla libertà nella sua battaglia per la liberazione dalla Spagna. Instancabile. Humboldt non smise mai di viaggiare. Nel 1829, su invito dello zar Nicola I, trascorse sei mesi negli sterminati territori della Russia, con il pretesto di condurre rilievi minerari. A 60 anni, percorse migliaia di km in carrozza e a piedi, attraverso le steppe passando per il Mar Caspio fino al confine con la Cina e la Mongolia. Venerato da scrittori come Henry D. Thoreau e Jules Verne, Humboldt morì in povertà nel 1859, lo stesso anno in cui Darwin pubblicava l’Origine delle specie.

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Paolo Colombo è professore ordinario di Storia delle istituzioni politiche presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica di Milano, dove insegna anche Storia contemporanea. Da tempo si occupa del rapporto tra storia e narrazione. Realizza podcast con Il Sole 24 ore. Collabora con Rai Storia e Rai 3.  È autore di romanzi per ragazzi pubblicati da Piemme. Ha scritto il libro History Telling. Esperimenti di storia narrata (Vita e Pensiero, 2020). Nel 2022 ha scritto Lo sguardo del capitano (Mondadori) dedicato alle figure di Cristoforo Colombo, Alexander von Humboldt e Ernest Shackleton.

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