Dalla Cina all’Italia: il viaggio del SARS-CoV-2

L’Italia ha accolto e incubato il viaggiatore SARS-CoV-2 al suo arrivo dalla Cina, e ha involontariamente contribuito alla sua diffusione nel resto d’Europa. Questa è storia nota, ma ora uno studio italiano pubblicato su Nature ricostruisce i primi fondamentali passaggi della diffusione del nuovo coronavirus nello Stivale tra gennaio e febbraio 2020, quando i contagi si sommavano in Lombardia e Veneto e ancora ci si ostinava a parlare di “virus cinese”.

il SARS-Cov-2 arriva in Italia. Questa la fotografia restituita dallo studio del gruppo SCIRE (SARS-CoV-2 Italian Research Center), coordinato da Alessia Lai, biologa del Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche dell’ospedale milanese “Luigi Sacco” (Università Statale: Alessia Lai è a capo del team che per primo ha isolato il ceppo italiano di coronavirus), di cui fanno parte anche Andrea Crisanti, Massimo Galli e Gianguglielmo Zehender.

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Dalla cina: due forme di virus. Il SARS-CoV-2 arriva in Italia in due diverse “introduzioni”, vale a dire attraverso due diversi canali, uno che ha come meta il Veneto e uno con destinazione Lombardia. Già in questo primo momento, nelle prime settimane del 2020, il virus ha due diverse forme originate in Cina (e non separatesi dopo l’arrivo in Italia). Una di esse, ribattezzata B, arriva in Veneto e lì rimane come in un binario morto: i contagi restano circoscritti e il focolaio si estingue. L’altra, la B.1, sbarca in Lombardia dove il virus si moltiplica e inizia a dilagare.

dalla Lombardia verso il lockdown. Il lignaggio B.1, scrivono gli scienziati, si diffonde dalla Lombardia ad altre regioni italiane (Veneto, Emilia Romagna, Abruzzo, Marche, Puglia, Friuli Venezia Giulia e Lazio). Dall’Abruzzo il virus ulteriormente mutato in un nuovo lignaggio, il B.1.1, si propaga di nuovo in Veneto e Lombardia, poi in Sardegna e Puglia. Nel frattempo, il SARS-CoV-2 ha guadagnato la mutazione D614G, che ne favorisce la trasmissibilità e viaggia a vele spiegate. Un’altra sua versione, denominata B.1.1.1, si sviluppa probabilmente in altri Paesi europei e rientra in Italia solo nella seconda metà di marzo, rimanendo localizzata in Piemonte: resterà qui confinata, perché ormai l’intera penisola è entrata in lockdown.

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L’Italia non è stato solo il primo Paese oltre alla Cina a registrare una devastante ondata epidemica di covid, ma si può considerare anche uno dei principali hub di diffusione del SARS-CoV-2 in Europa e negli Stati Uniti. La ricostruzione degli scienziati si basa sull’analisi filogenetica, ossia, come spiegava Zehender qualche tempo fa a Focus.it, «lo studio sulla comparazione dei genomi dei virus isolati, le cui sequenze sono state depositate in banche dati pubblicamente accessibili. Immaginando i risultati delle analisi filogenetiche come un albero, le sequenze di genomi dei virus cinesi stanno alla base: sono le radici». Quelle di cui parliamo ora, in questa ricostruzione, sono invece le prime ramificazioni: sono quelle che i ricercatori definiscono “lignaggi ancestrali”.

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Dato che il virus accumula continuamente mutazioni, studiando a ritroso il susseguirsi di queste modifiche si può ricostruire la storia evolutiva del SARS-CoV-2 con le sue trasformazioni nel tempo.

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