Emergenza siccità: la Terra ha troppa sete

L’emergenza idrica causata delle temperature eccessive deve farci riflettere: l’acqua è la sostanza più diffusa sulla Terra, ma anche la più delicata. Ce ne stiamo accorgendo anche in Italia: siamo ricchi d’acqua, eppure molte zone, dal Piemonte alla Sicilia, sono in crisi idrica. Un esempio per tutti: la siccità del Po è la più grave in 70 anni.

Quanta acqua c’è sulla Terra? L’acqua della Terra non si può distruggere: la sua quantità, 1,4 miliardi di km3, è rimasta la stessa dall’epoca dei dinosauri. Ma si trasforma, in un ciclo che dura ogni volta 3mila anni: evapora dagli oceani, cade sulla Terra con le piogge e, attraverso i fiumi, torna nei mari, modellando il clima. 

Ma questa sostanza straordinaria, per quanto abbondante, non si può nemmeno creare dal nulla: è una risorsa limitata. E quella fruibile dall’uomo è solo una piccola parte: se si escludono l’acqua salata (il 97%), quella ghiacciata (2,5%), e le falde irraggiungibili sepolte a km di profondità, solo lo 0,003% è utilizzabile. Se tutta l’acqua del mondo fosse 1 litro, quella disponibile starebbe in mezzo cucchiaino da caffè. E con grandi disparità: oggi il 29% degli uomini (2,1 miliardi di persone, per lo più in Asia) non ha acqua sicura da bere e per questo dissenteria e tifo causano 1,5 milioni di morti ogni anno. E il 90% sono bambini.

«La scarsità d’acqua può essere fisica o economica», spiega Lucilla Minelli, funzionario del Programma mondiale per la valutazione delle risorse idriche (Wwap) dell’Unesco. «La scarsità fisica è la mancanza o l’indisponibilità: perché è assente, lontana, inquinata o esaurita. Più del 75% delle acque fluviali e sotterranee sono prelevate per usi agricoli, industriali o domestici: lo sfruttamento delle risorse si sta avvicinando o ha già oltrepassato il limite di sostenibilità. E poi c’è la scarsità economica: molte aree del pianeta, anche in Africa, sono ricche d’acqua, ma mancano i soldi per costruire impianti idrici».

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le cause dell’emergenza idrica. La fotografia del presente è preoccupante. Perché oggi l’acqua ha tre nemici: l’abuso, l’inquinamento e il cambiamento climatico. Il primo nemico è il massiccio prelievo per l’agricoltura, l’industria, l’energia e l’uso domestico. I maggiori consumatori sono India, Cina e Usa, e l’Italia è al 10° posto al mondo. Questi usi hanno messo in crisi molte falde acquifere, anche antiche, che non possono ricaricarsi al ritmo con cui vengono saccheggiate. Accade soprattutto nella penisola araba e nelle metropoli popolose. E molte città costiere – da Bangkok a Giacarta e Tokyo – stanno sprofondando per i massicci prelievi d’acqua nel sottosuolo, sempre più contaminato da intrusioni di sale. Sono in crisi anche laghi e fiumi, che, una volta depurati, forniscono acqua potabile.

Un caso emblematico? Il lago d’Aral, fra Uzbekistan e Kazakistan: era il 4° più grande al mondo, ma oggi è quasi sparito. Perché l’acqua dei suoi fiumi immissari è stata prelevata per irrigare i campi di cotone. E non è un caso isolato: tutti i fiumi più importanti, dal nostro Po al Fiume Azzurro, il più lungo della Cina e dell’Asia, sono in difficoltà. L’agricoltura, però, non è l’unica indiziata. Per produrre energia, la portata dei fiumi è ridotta infatti dalla presenza di dighe e impianti idroelettrici: solo in Italia sono 533.

Le conseguenze dell’Inquinamento. La seconda causa della crisi idrica è l’inquinamento, che rende inutilizzabile l’acqua. Gli inquinanti arrivano dall’agricoltura (fertilizzanti e antiparassitari a base di azoto, fosforo, nitrati), dai grandi agglomerati urbani (coliformi fecali), dall’industria (metalli pesanti, arsenico, diossina). Questo avviene perché molte città non hanno impianti di depurazione: ogni giorno, 2 milioni di tonnellate di rifiuti finiscono nei fiumi. Non solo nel Terzo mondo: negli Usa i Grandi laghi sono inquinati da mercurio, in Europa il 40% delle acque superficiali sono fuorilegge.

E l’Italia non si salva: «Diverse aree (parte dell’Adda, l’Arno pisano, zone della pianura veneta) sono contaminate da Pfas, composti usati dalle industrie come impermeabilizzanti, antiaderenti e antimacchia», dice Marco Borga, docente di idrologia a Padova. E, da noi, il 42,4% degli inquinanti non passa nei depuratori, avverte Utilitalia. A complicare il panorama, scrive l’ultimo rapporto Onu sulle risorse idriche, si aggiungono i nuovi inquinanti che i depuratori faticano a smaltire: cosmetici e farmaci.

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Il terzo e ultimo nemico è il cambiamento climatico che sta accelerando il ciclo geologico e modificando la durata, l’intensità e la localizzazione dei fenomeni atmosferici. Il riscaldamento globale non provoca solo lo scioglimento dei ghiacci e fenomeni meteo estremi come ondate di calore e alluvioni. Farà aumentare la portata dei fiumi e la disponibilità d’acqua nell’emisfero settentrionale. Che però si ridurrà in modo significativo nelle aree tropicali e semi-aride (bacino del Mediterraneo, Usa orientali, Sudafrica)».

È quanto sta avvenendo in Brasile, dove alla siccità si aggiunge il disboscamento: il suolo, già secco, senza le piante non trattiene l’acqua e la lascia evaporare, senza alimentare le falde. Risultato: secondo il World Resources Institute (Wri), oggi 36 Paesi, uno su 5, sono ad alto stress idrico. Sono esposti alle crisi perché prelevano ogni anno oltre l’80% dell’acqua disponibile. Nell’elenco, il 30% sono isole (dalla Giamaica a Malta e Cipro), il 30% sono Paesi del Medio Oriente (dall’Arabia Saudita al Qatar), il 25% Paesi asiatici, dall’Iran al Pakistan. E due città-Stato: Singapore e San Marino. L’Italia è al 52° posto con punteggio alto (3,35 su 5), preceduta in Europa soltanto da Grecia e Spagna.

Migrazioni e guerre. Le conseguenza di queso scenario sono tragiche: poiché l’acqua è essenziale per la nostra sopravvivenza, la sua carenza causa malattie e mette in ginocchio l’economia. Ma provoca anche migrazioni e guerre. «I migranti per carenza d’acqua sono il quadruplo di quanti si muovono per le guerre», dice Charles Iceland del Wri. «La scarsità d’acqua è un moltiplicatore di conflitti e migrazioni: le crisi sociali in Egitto, Libano, Siria, Iraq sono state potenziate dall’acqua».

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Uno dei motori invisibili dei flussi migratori dall’Africa all’Europa è il prosciugamento del lago Ciad, causato da siccità e irrigazione. Molti dei terroristi di Boko Haram, in Nigeria, sono ex contadini disoccupati. Entro il 2050, i migranti per crisi idriche saranno 200 milioni. Tanto che, nel 2012, il Consiglio per la sicurezza degli Usa ha redatto un rapporto, Global Water Security, in cui lega le crisi idriche alla sicurezza internazionale. Ecco perché nel 2010 l’Onu ha riconosciuto l’acqua come «diritto umano essenziale per il godimento di tutti gli altri diritti», spiega Lucilla Minelli. «Ma resta molto da fare: le norme sull’uso delle acque condivise fra più nazioni sono inadeguate, e questo può lasciare spazio ad abusi».

Nel mondo i bacini idrici, sotterranei e superficiali, condivisi da più nazioni sono quasi 900. E spesso contesi. «Se le guerre del XX secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del XXI lo saranno per l’acqua», avverte Ismail Serageldin, vicepresidente della Banca mondiale.

Chiudiamo il rubinetto. Insomma, l’acqua è in crisi. E in futuro il peggioramento del clima e l’aumento della popolazione complicheranno la situazione. Entro il 2050, prevede l’Unesco, la domanda globale di acqua aumenterà del 55%, e la portata dei fiumi calerà ancora. E noi possiamo fare qualcosa? Oltre a chiudere il rubinetto quando possibile, dobbiamo tenere d’occhio cosa mettiamo a tavola. Gran parte dell’acqua che consumiamo, infatti, finisce nel cibo che mangiamo: una dieta a base di carne implica il consumo di 4-5mila litri d’acqua al giorno. Per un’alimentazione vegetariana ne bastano 2mila.

Fonte: focus

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