I PARLAMENTI CAMBIANO, LE AGENDE RESTANO: IL GOVERNO DISCUTE “IL PIANO DI VACCINAZIONE 2023-2025”

Il governo Meloni ci ha tenuto a trasmettere segnali di discontinuità rispetto alla precedente gestione Covid firmata Speranza: la conclusione anticipata dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario, la sospensione delle multe agli over 50 non vaccinati, la pubblicazione su base settimanale dei bollettini Covid.

Tuttavia, lo smantellamento degli impianti normativi d’emergenza è avvenuto sincronicamente in tutti i Paesi che, altrettanto sincronicamente li avevano attivati. Dunque, anche di fronte a dichiarazioni della presidente del Consiglio, che durante il discorso programmatico al Senato riguardo alla precedente gestione Covid disse: “abbiamo contestato che si scambiasse la scienza con la religione“, rimane il dubbio che le agende internazionali, su alcuni specifici temi, abbiano più peso della volontà del parlamento nazionale.

È il sospetto che viene leggendo “Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025”, di cui Byoblu ha potuto prendere visione in esclusiva e che sarà all’ordine del giorno di una riunione convocata per il prossimo 2 febbraio tra il ministero della Salute e alcuni presidenti e assessori alla salute regionali. Il piano, come dichiarato dallo stesso documento, “discende dai documenti internazionali”, per l’esattezza: il “Piano europeo per le vaccinazioni (EVAP)”, “l’Agenda OMS sull’immunizzazione 2030” e “L’agenda europea dell’OMS sull’immunizzazione 2030”.

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Documenti che al loro interno enunciano una serie di obiettivi indiscutibili che il piano nazionale si propone di tradurre all’interno dei confini italiani. Il “Piano europeo per le vaccinazioni” contempla ad esempio: “che tutti i paesi riconoscano le vaccinazioni come una priorità“, che “gli individui comprendano il valore dei servizi di immunizzazione”, “che sistemi di immunizzazione forti siano parte di sistemi sanitari efficienti” e “godano di finanziamenti stabili“.

Quanto all’”Agenda OMS sull’immunizzazione 2030”, essa si propone di offrire: “servizi vaccinali efficaci, efficienti e resilienti”, assicurare che la vaccinazione sia “apprezzata e richiesta attivamente”, che si garantisca l’accesso alle vaccinazioni “durante tutto il corso della propria vita”, e si possa “rispondere rapidamente ai focolai causati da malattie prevenibili da vaccino anche in condizioni di emergenza, conflitti, disastri e crisi umanitarie”.

D’altra parte, il debole nutrito dal ministro della salute Orazio Schillaci verso l’agenda ONU 2030 non è né un segreto né una novità: come da lui stesso dichiarato nel corso di una diretta dal canale YouTube dell’università Tor Vergata nel dicembre 2020, mentre era rettore dell’ateneo Schillaci aveva destinato fondi per un milione e mezzo di euro al fine di implementare i progetti connessi all’agenda ONU detta “dello sviluppo sostenibile”.

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Perfettamente in linea con questo approccio, il “Piano nazionale per la prevenzione vaccinale 2023-2025”, continua il documento, “mira a contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite” e, citando in seguito il “Comitato nazionale di bioetica”, riporta la necessità di un’”osservanza dell’obbligo a un’adeguata profilassi vaccinale da parte degli operatori sanitari e del personale impegnato nelle scuole di ogni ordine e grado”, una dichiarazione quantomeno singolare, dal momento che ad oggi non esistono obblighi vaccinali né per il personale sanitario né per quello scolastico.

“È importante spiegare al cittadino che può contare su una sorveglianza efficiente e trasparente“, prosegue poi il documento. Un dichiarazione che lascia piuttosto interdetti, per lo meno se si pensa al trasandato sistema di farmacovigilanza passiva messo in campo per i  vaccini Covid, approvati da Ema in forma condizionata e di cui AIFA avrebbe dovuto regolarmente ricevere Rapporti periodici sulla sicurezza dalle case produttrici, ma che, per stessa ammissione dell’agenzia del Farmaco italiana, non sono mai arrivati a destinazione.

Uno degli obiettivi su cui si sofferma il piano nazionale di prevenzione vaccinale è la messa a regime dell’Anagrafe vaccinale nazionale, già prevista dal decreto legge del 7 giugno 2017, la cosiddetta Legge Lorenzin. L’anagrafe dovrebbe essere “ospitata nell’infrastruttura tecnologica del nuovo sistema informativo nazionale” e conterrà, tra gli altri i dati, dei “soggetti vaccinati”, “i soggetti da sottoporre a vaccinazione”, “le dosi e i tempi di somministrazione delle vaccinazioni effettuate”.

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Una larghissima parte del documento è poi dedicata al tema della comunicazione, con la proposta di sviluppare strategie di persuasione praticamente a tutti i livelli, dalle università, ai social media fino ai media generalisti, individuando i segmenti di popolazione da convincere, i temi si cui insistere, gli approcci comunicativi più efficaci. Insomma un vero piano di marketing, più che di dialogo, di confronto. Una musica già ampiamente ascoltata negli anni precedenti, soprattutto quelli del triennio Covid.

Speriamo che i fatti ci smentiscano, ma la sensazione, scorrendo le pagine del documento, è che su alcuni temi non esista democrazia nè sovranità che tenga. Ci sono agende internazionali i cui intenti si trasformano in dogmi da cui nessun governo ha intenzione non solo di sottrarsi ma nemmeno di sottoporre a una democratica discussione pubblica, magari coinvolgendo le diverse componenti della comunità scientifica. E il tema delle vaccinazioni, qualunque esse siano, sembrano rientrare pienamente tra questi.

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