Spaventare gli italiani per imporre le restrizioni. Le conversazioni choc di Speranza in piena pandemia

Da una parte gli italiani che chiedono di sapere cosa sia successo davvero nei giorni, drammatici, dell’esplosione della pandemia nel Bel Paese e se si sarebbero potute salvare vite umane facendo scelte diverse. Dall’altra un Partito Democratico che non ha affatto gradito l’indagine della Procura di Bergamo sull’emergenza Covid e che ha chiesto di audire in Commissione affari sociali Eugenia Tognotti, esperta che già nelle scorse settimane si era detta contraria all’istituzione di una commissione d’inchiesta. Attraverso le pagine della Stampa, la signora è tornata alla carica parlando di “pessimo processo postumo”, sottolineando come sia giusto fare chiarezza su quanto accaduto ma senza passare dalle vie giudiziarie. E invece proprio questi approfondimenti stanno portando alla luce quei meccanismi di potere dei quali vi avevamo parlato tante volte, attraverso le pagine del Paragone, nelle terribili settimane in cui le voci fuori dal coro venivano puntualmente imbavagliate, messe al rogo, additate come “pericolose per l’ordine pubblico”.

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La Verità ha riportato, per esempio, una parte del contenuto delle carte in mano alla Procura bergamasca. Con passaggi significativi, come i contenuti di una conversazione avvenuta il 6 aprile 2020 tra il presidente dell’Iss (Istituto Superiore della Sanità) Silvio Brusaferro e il ministro della Salute Roberto Speranza. Brusaferro aveva inviato a Speranza un documento sulle attività che avrebbero potuto riaprire in sicurezza, per aiutare le famiglie italiane a rialzare la testa dopo lockdown e chiusure forzate. Il tutto corredato da numeri che lasciavano respirare ottimismo. La risposta del ministro? Sconcertante.

“Due avvertimenti – sarebbe stata la replica di Speranza, stando ai documenti pubblicati – Primo, tutto quello che direte può finire fuori alla stampa. Secondo, se vogliamo mantenere le restrizioni conviene non dare troppe aspettative positive”. Un messaggio evidentemente accolto da Brusaferro che, il giorno successivo, in un’altra conversazione chiedeva a Speranza: “Glielo diciamo che prevediamo sempre la chiusura?”. Risposta del ministro: “Sì, ovviamente”. La politica prendeva decisioni fingendo di obbedire alla scienza, piegata invece ai propri interessi.

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Una lettura confermata da altre conversazioni tra i due, più o meno relative allo stesso periodo. Il 3 marzo 2020 Brusaferro suggeriva a Speranza come la chiusura delle scuole potesse essere azzardata: “Credo sia bene approfondire gli scenari”, “Non abbiamo parere Cts”. E ancora, il giorno dopo: “Parere Cts critico”. Lo stop alle lezioni, insomma, non era invocato dai tecnici al servizio del governo, anzi. Ma Speranza aveva deciso di tirare dritto: “Così ci mandate a sbattere”, “Non abbiamo tempo. Non si può dare segnali di incertezza o si perde credibilità”. Vi avevamo raccontato attraverso il Paragone di come quelle decisioni fossero prese senza nessuna base scientifica a supporto. Oggi anche le indagini, finalmente, lo stanno confermando.

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Il 6 marzo era invece direttamente Speranza a dire a Brusaferro: “I funerali blocchiamoli in tutta Italia che sono pericolosissimi”. Autonomamente, senza che fosse stato l’Iss, come sarebbe stato naturale aspettarsi, a suggerire le prossime mosse. Riepilogando: gli stessi politici che avevano tardato nella messa in sicurezza delle zone critiche del Nord Italia, nei primi giorni della pandemia, avrebbero poi paralizzato un Paese intero, senza distinzioni, provocando danni economici e sociali enormi sulla popolazione e soffocando ogni protesta in nome della scienza. Scienza, in realtà, costretta a obbedire a una politica alla quale l’emergenza faceva comodo, eccome. Sulle pagine del Paragone avevamo contestato a più riprese le decisioni annunciate da Conte e Speranza in quei mesi concitati. Finendo bollati come promotori della disinformazione quando, di fatto, non stavamo che raccontando la verità.

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